Non è una drag queen. Ma una giovane mamma come tante, con ideali e principi che coltiva fin da ragazzina. C'è chi la ricorda, ormai vent'anni fa, seduta nel seggio assegnato a Fausto Bertinotti, quando ancora era il leader della Rifondazione Comunista, durante un viaggio organizzato dalla Provincia per i migliori studenti dei Licei del Cagliaritano al Parlamento europeo. Lei rappresentava lo Scientifico "Brotzu" di Quartu, in un concorso che a Strasburgo ospitava ragazzi da tutto il Vecchio Continente. E non ha mai fatto mistero delle sue simpatie comuniste: anni di manifestazioni, di militanza e di condivisione si sono materializzati in un quotidiano di partecipazione, spesso al servizio degli ultimi. Quartese, ma vive a San Gavino, 37 anni, ha un lavoro nel settore creativo e, di sicuro, è uno dei volti positivi della comunità Lgbtqi+ (Lesbian, Bisexual, Gay, Trans, Qeer e Intersexual) di Cagliari, al punto da fare della partecipazione più che un hobby, un modo di essere.

Marzia, come intende la vita?

"Qualcuno ha detto che la vita è quello che succede mentre facciamo programmi. Io devo dire che nella mia vita la cosa che scelgo più spesso è quella di arricchire il mio bagaglio di esperienze".

Lei è etero, è sposata e ha famiglia. Eppure è diventata il volto positivo ed entusiasta del movimento Lgbtqi+. Perché l'omosessualità è ancora percepita come un problema?

"Probabilmente perché è più facile giudicare le scelte altrui piuttosto che riconoscere i propri limiti e prendersene la responsabilità. Non riesco davvero a capire come possa riguardare a qualcun altro con chi decido di andare a letto io... finché siamo tra adulti e consenzienti".

E in che modo fa - se si può usare questo termine - testimonianza?

"Non credo di avere "un modo". Vivo la mia vita, e questa è fatta di inclusività. Non scelgo gli amici in base ai gusti sessuali, soprattutto da quando sono monogama, ma se a qualcun* vengono negati diritti fondamentali non posso nemmeno stare lì a guardare. Non mi sentirei in pace con la mia coscienza. E ad oggi la comunità lgbtqi+ è quella a cui ne sono negati indubbiamente più che a chiunque altro, nell'occidentalissima Italia. A proposito di Unione Europea, abbiamo anche subito diverse condanne proprio per le nostre carenze in materia di diritti".

Razzismo, esclusione, discriminazione: dia un significato a questi termini?

"Sono degenerazioni sociali figlie di ignoranza e incertezza. Quello che non conosciamo ci spaventa, ci rende insicuri ed è più semplice disprezzarlo".

Perché, secondo lei, si esprimono ancora nelle relazioni e nella sfera sessuale?

"È una domanda difficile per me. Perché proprio non riesco a capacitarmi di come sia pensabile che una tendenza personale, così intima e personale come questa poi, possa essere di dominio pubblico. Ma siamo figli di una cultura poco religiosa e molto bigotta, passatemi il termine, e di una contemporaneità in cui si ostenta il sesso anche per vendere la carta igienica. In più viviamo nell'era di questa enorme piazzetta di paese che sono i social network, e il risultato è esplosivo".

Il Pride ormai è sinonimo di partecipazione. Un successo?

"Il Pride è una festa. Il Pride per la mia famiglia è un Natale! Il Pride è una festa serissima, ma mai sobria. È un successo la partecipazione dei sardi alle parate, l'ultima del 2019 ha visto scendere in piazza 45 mila persone. Siamo persone sensibili a questioni civili fondamentali, non solo alla questione llgbtqi+. E riempiamo le strade di colori per esprimere il nostro orgoglio di essere come siamo. Prendiamo ad esempio i motti di Stonewhall, che credo possano insegnare tanto anche a chi non fa espressamente parte di quella comunità".

La comunità Lgbt le ha dato pure un "premio", in un evento che, tra l'altro, si rinnova il 17 luglio.

"Quando i miei amici mi hanno raccontato che stavano organizzando la prima edizione sarda di Miss Frociarola, ero molto diffidente. Non lo nego. Il termine "frociarola" mi sembrava quasi dispregiativo. Come se implicasse lo scegliere gli amici perché gay. Ma poi, quando ho capito che era una sorta di "riconoscimento alla carriera" che mi veniva offerto, chiaramente mi ci son buttata con tutte le scarpe! Era il 2017, ero incintissima di Letizia e ho sbaragliato la concorrenza con un discorso che ha fatto piangere, me e il pubblico, lacrime di amore e gratitudine. Nel 2018 ho ceduto lo scettro a Camilla Soru, attualmente consigliera comunale a Cagliari, che a sua volta nel 2019 ha passato il testimone a Valentina Vinci, artista grafica di successo, con all'attivo diverse copertine per L'Espresso. Il 17 luglio ci sarà appunto la nuova edizione, al Fico D'India, noto chiosco friendly del Poetto. Non ringrazierò mai abbastanza Mauriziano, l'inventore del concorso, e Andrea Ledda, il ragazzo che l'ha portato in Sardegna, e che organizza anche Mr. Bear, che si terrà il 9 agosto, sempre al Fico D'India, un'altra competizione che ho il piacere di presentare con lui, prima donna biologica in Europa, e che vede protagonisti i Bear appunto, una comunità dentro la comunità lgbtqi+. L'obiettivo quello di diffondere il messaggio del cosiddetto body positive".

Lei è testimone delle gioie di questa comunità. Anche dei tormenti?

"Assolutamente tanti tormenti. Troppi. Dagli insulti sussurrati a quelli gridati. Dalla negazione di potersi creare una famiglia a quella di poter assistere liberamente il proprio partner in ospedale. Senza trascurare il non sentirsi liber* di tenere per mano la persona amata per strada. Insomma. Una vita di ostacoli".

Qual è il più frequente?

"Posso fare l'esempio dei primi Pride. Sono sempre stata sui carri e ho visto arrivare pietre, uova, insulti di ogni genere. Mi sono vergognata per quei poveretti da cui provenivano".

Lei ha mai aiutato persone in difficoltà per questi tormenti?

"Da quando sono diventata un volto riconoscibile anche fuori dalla comunità, mi è capitato di ricevere messaggi di aiuto da parte di genitori i cui figli avevano fatto outing e volevano essere di supporto vero, o di ragazzin* a cui un* compagn* di scuola aveva confessato di essere gay. Devo ammettere che sono onorata di poter aiutare chi ne ha bisogno".

Insomma, il sentimento è ancora percepito come diversità?

"È proprio sbagliato che un sentimento d'amore debba essere percepito, se non dai diretti interessati".

In una città come Cagliari, in una regione come la Sardegna, ci sono ancora pregiudizi oppure è stata imboccata la strada giusta?

"Cagliari è storicamente una delle città più friendly d'Italia. E questo per noi deve essere motivo d'orgoglio. Ma c'è ancora tantissimo da fare anche qui".

Lei ha una figlia. Quale strada vorrebbe che seguisse?

"Io ho una bambina. Letizia. L'unica cosa che le auguro è di essere la versione migliore possibile della persona che vorrà essere".

E quale insegnamento vorrebbe lasciarle?

"Spero di insegnarle che la cultura e la conoscenza sono la vera ricchezza della vita".
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