Oggi si chiamerebbero archistar. Cinquantotto anni fa quando è nata la Costa Smeralda erano "solo" architetti. Alcuni tra i migliori sulla piazza chiamati alla corte di Karim Aga Khan, giovanotto di 26 anni, a una scommessa senza precedenti: costruire su un territorio vergine e incontaminato come pochi altri nel Mediterraneo, scolpito dal vento e dal mare sul granito, con investimenti finanziari al di là di ogni immaginazione. Con Savin Couelle, scomparso qualche settimana fa ad Abbiadori all'età di 91 anni, se ne è andato uno degli ultimi testimoni di quella scommessa dell'architettura. Insieme a suo padre Jacques, Luigi Vietti, Michele Busiri Vici con suo figlio Giancarlo (che ha diretto fino a poco tempo fa il Comitato di architettura) e Antoni Simon Mossa ha scritto la storia della Costa Smeralda. Progettisti visionari ma anche custodi, attraverso il comitato di architettura che dal 1962 mette il sigillo a tutto ciò che si costruisce su quel territorio, dello stile del comprensorio.

IL DIBATTITO Come costruire in una terra dove non esiste un'architettura alla quale ispirarsi? Mimetizzarsi nell'ambiente o lavorare sui contrasti, creando nuovi modelli? La riuscita dell'impresa, costruire senza violentare, è fin da quei primi anni Sessanta, in un'epoca in cui la programmazione era inesistente, i vincoli pochissimi e tutto era possibile, fonte di eterno dibattito. La discussione sul modello Costa Smeralda, intorno al 1970, era molto vivace e coinvolgeva Vico Mossa, Antonio Cederna, autore di articoli di fuoco sulle colonne del Corriere della Sera, e gli architetti dell'entourage dell'Aga Khan. In tempi recenti il dibattito si è orientato soprattutto su economia e ambiente, sull'equilibrio tra tutela e esigenze di sviluppo, ma allora, all'esordio della Costa Smeralda si discuteva molto di architettura e di estetica. Un punto di vista, quello della qualità del costruire, passato in secondo piano in un dibattito che negli ultimi anni si è concentrato soprattutto sui numeri: quanti metri cubi e a quanta distanza dal mare.

IL SEGNO DEGLI ARCHITETTI Quando Savin Couelle approdò in Costa Smeralda, nel 1962, coinvolto dal padre Jacques era già un architetto piuttosto noto, formato nell'ambiente parigino (aveva anche curato la ristrutturazione della casa di Jacques Prevert) e inserito nel mondo del cinema con le sue scenografie. Il nome di Jacques Couelle, artista e amico di Picasso e Dalì, insignito della Lègion d'Honeur all'Accademia Francese, in Sardegna, resta indissolubilmente legato al suo gioiello, il sinuoso castello dell'hotel Cala di Volpe, tanto esclusivo da aver previsto fin da subito una suite presidenziale che negli anni ha anche ospitato Margareth di Inghilterra e Diana con Carlo. Ma dopo il primo progetto, fu il figlio Savin a seguire i lavori e a curare, più tardi, i vari ampliamenti e ristrutturazioni. Sua anche la Maison du port e tante esclusive ville storiche piene di curve, travi di ginepro contorto, rocce di granito inserite nell'ambiente, nella cifra stilistica che lo distingue. Legato alla Sardegna, ha progettato anche il convento delle Carmelitane a Nuoro e ha stabilito la sua residenza in Gallura.

Ognuno degli architetti dell'epopea della Costa Smeralda ha lasciato un segno del suo stile e dell'interpretazione di quella scommessa, sposare la bellezza del costruire a quella di un ambiente di incontaminata bellezza. Il nome di Luigi Vietti è legato al cuore di Porto Cervo che si sviluppa intorno alla celebre piazzetta, e al Pitrizza, definito "quasi nuragico" con la sua piscina di acqua di mare scavata nella roccia. Portano la sua firma anche la villa dell'Aga Khan, La Cerbiatta, e numerose residenze private dei grandi industriali italiani, dai Mondadori ai Marzotto, dai Barilla ai Falck. Tra le particolarità, il suo contributo ai primi disegni della Cerasarda. Michele Busiri Vici, affiancato dal figlio Giancarlo che tuttora è di casa in Costa Smeralda, (dinastia di architetti romani fin dal XVII secolo) ha firmato villa Bettina nel 1962, gli hotel Luci di la Muntagna e Romazzino tra il 1964 e il 1965 e la chiesa Stella Maris nel 1968. Il lavoro di Antoni Simon Mossa, architetto e intellettuale, l'unico sardo del gruppo, è legato soprattutto alla pianificazione globale del comprensorio oltre alla progettazione di alcune importanti ville e dell'hotel Abi D'Oru sul golfo di Marinella che, pur essendo fuori dal territorio del Consorzio, riprende l'inconfondibile stile architettonico della Costa Smeralda.

LO STILE PORTO ROTONDO Una scommessa simile, se pure in scala ridotta, quella di Porto Rotondo dove spiccano vere e proprie opere d'arte realizzate nel villaggio pensato, negli stessi anni, dai conti veneziani Donà dalle Rose. La chiesa di San Lorenzo firmata da Andrea Cascella e Mario Ceroli, con i suoi interni scolpiti nel legno e la nuova torre campanaria realizzata nel 2008, l'anfiteatro progettato dallo stesso Ceroli, la piazzetta di granito disegnata da Cascella, reduce da una vittoria alla Biennale di Venezia nel 1964, e che ha visto l'impegno di 28 maestri scalpellini galluresi. Un investimento sull'arte, quello della Fondazione Porto Rotondo presieduta dal conte Luigi Donà dalle Rose che prosegue fino ad oggi con la realizzazione nella via del Molo della "Catena alimentare" del giovane artista bretone Emmanuel Chapalain e la sua fuga di pesci, con gli occhi di vetro di Murano, i piccoli inseguiti dai grandi, sulle onde di marmo di Orosei a ricordare le ineludibili leggi della natura.
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