Che cos'è il rap? Come è nato? Cosa lo lega all'hip-hop? Ma soprattutto: come si fa a fare rap come veri rapper? La risposta a tutte queste domande e ad altre ancora la troviamo in "Te lo dico in rap" (Il Castoro, 2020, pp. 176), il primo libro italiano interamente dedicato al genere musicale più in voga tra giovani e giovanissimi.

Il volume, espressamente pensato per gli under 18 o giù di lì, mira prima di tutto a introdurre il lettore al rap e all'hip-hop, fenomeno culturale a cui questo genere di musica è legato strettamente. Nello stesso tempo fornisce indicazioni per cominciare a comporre, esercitarsi e scrivere rap grazie ad alcune basi musicali originali disponibili on line e ai consigli di un vero esperto in materia. Parliamo dell'anima del volume, Francesco "Kento" Carlo, rapper da lungo tempo impegnato in laboratori di scrittura e musica destinati a ragazzi a rischio "ospitati" in carceri minorili, comunità e scuole.

A Kento chiediamo, parafrasando il titolo del libro, cosa si può dire in rap?

"Si può dire veramente di tutto con il rap e con il rap si può fare veramente di tutto. È questo il concetto che vuole esprimere il titolo del libro. Bisogna però sapere cos’è veramente il rap".

Il libro punta molto sugli aspetti culturali del rap…perché?

"Nel libro voglio far capire che il rap è uno strumento con cui i ragazzi possono esprimersi, ma devono impararne i rudimenti per poterlo fare al meglio, per potersi esprimere al meglio. Nello stesso tempo voglio far comprendere come questo genere musicale abbia una lunga storia alle spalle. Nasce, infatti, nel clima culturale e sociale degli anni Settanta all’interno della cultura hip-hop e si affiancava ad altre espressioni culturali come la break dance, i graffiti, lo scratch fatto dai dj. Insomma, ha una lunga storia alle spalle".

Ma in Italia si avverte quanto sia lunga la strada percorsa dal rap per arrivare ai nostri giorni?

"Oggi nel nostro Paese il rap è ovunque. È mescolato col pop e lo ritroviamo nelle forme di comunicazione di tutti i giorni. Lo vediamo nelle pubblicità: è veramente un linguaggio dei nostri tempi. Chiaramente non si coglie la matrice culturale del rap, la sua storia, il legame antico con l’hip-hop. Eppure, in Italia e anche in Sardegna ci sono state band che hanno contribuito moltissimo alla crescita della cultura hip-hop fin dagli anni Ottanta del Novecento. Per questa ragione, proprio perché il rap ha una lunga storia alle sue spalle diventa importante contestualizzarlo oggi che è così popolare".

Il rap rende più semplice trasmettere messaggi ai ragazzi?

"Sì, un messaggio proposto con il rap è più comprensibile, più incisivo, memorabile. Non a caso oggi le polemiche attorno al mondo della musica nascono per i testi dei rapper e non per quello che cantano e suonano le rock o le pop star come accadeva un tempo. Il rap crea polemica perché è popolare e perché bene o male ti sbatte in faccia il suo messaggio".

Nel libro proponi anche i primi rudimenti per fare rap…ma questo genere non è soprattutto improvvisazione?

"I rapper professionisti non sono mai frutto degli 'improvvisati' anche se oggi molti ragazzi sono tanto immersi nel rap da avercelo nel sangue. Per molti giovani il rap è qualcosa di naturale. Quando vado nelle scuole e dico scriviamo una strofa oppure facciamo freestyle non devo neppure spiegare cosa intendo. Oggi c’è questa immediatezza che un tempo non c’era ed è una cosa positiva".

Nel libro ti soffermi anche sui messaggi "sbagliati" lanciati dai rapper, messaggi sessisti oppure violenti. È un problema importante nel rap la "qualità" del messaggio lanciato?

"Certo, proprio perché si tratta di un genere che è capace di essere così incisivo e penetrante, soprattutto tra le nuove generazioni. Nel rap, per esempio, c’è un problema di sessismo e va detto ad alta voce. Così come va detto che vi sono state donne protagoniste della nascita del rap e nel libro propongo alcuni brani di rapper donne tra i miei consigli per gli ascolti. Però non si possono prendere in giro i ragazzi. Nel rap a volte vengono proposti messaggi sbagliati e si devono dare ai giovani gli strumenti critici per distinguere quello che c’è di buono nel rap, che è tanto, da quello che non va, da quello che va cambiato".
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