Prima l'acqua e il fango di una laguna. Dov'era rimasto nascosto per 2400 anni o giù di lì. Adesso la sua casa è un deposito protetto della Soprintendenza, dove resterà chissà per quanto, dopo una breve parentesi espositiva in occasione della regata de is fassonis. Era il 2015, cinque anni dopo la sua scoperta nelle acque limacciose di Santa Giusta. Solo allora il satiro poté essere ammirato. Quell'anno e in pochissime altre occasioni come le mostre itineranti di archeologia subacquea organizzate dalla Soprintendenza e curate dall'archeosub Ignazio Sanna.

Lo sguardo beffardo incorniciato da una montagna di riccioli crespi. Il naso schiacciato, le labbra carnose di una bocca semichiusa. L'uomo d'Africa spuntò improvvisamente dal fango, spostato leggermente dalle mani degli archeologi che a Santa Giusta stavano continuando la loro campagna di indagine subacquea per circoscrivere i confini di un tesoro sommerso inestimabile. La storia era lì, celata sotto pochi metri d'acqua, bloccata dai sedimenti che per millenni l'avevano salvato dai predatori.

L'ultimo strato di melma era volato via con un colpo di mano. Delicato ma deciso. Capace di creare un vortice d'acqua. Manufatto misterioso. Il volto di ceramica era poggiato su un lato, come fosse un dormiente. Sotto le acque di Santa Giusta, così come in quelle del grande golfo di Oristano, prima i Fenici e poi i Punici svolgessero, tra il VII e il III secolo avanti Cristo, attività marinare e terresti direttamente collegate a Othoca, la città sorta sulle sponde della laguna. La stava studiando, quella colonia sarda dei Fenici, l'archeologa e docente del Dipartimento di scienze archeologiche dell'Ateneo cagliaritano, Carla Del Vais. Othoca e Tharros e Neapolis. La stava indagando, Santa Giusta, Ignazio Sanna per conto della Soprintendenza. I giacimenti sommersi, negli anni, avevano restituito parecchi manufatti. Belli e importanti. Ma nessuno probabilmente si aspettava di finire addosso al satiro dai caratteri morfologici africani. Avvenne tutto in un attimo. Una mattina di sole e nubi. La lama di luce che penetrava l'acqua torbida dello stagno svelò il viso di ceramica. A pochi metri da dove, una settimana prima, durante l'ultimo tuffo, gli archeosub avevano trovato una zampa con tanto di zoccolo con due dita tipica di un ungulato, con un incastro all'altezza del ginocchio. Anatomicamente perfetta. La scoperta del viso suggeriva un'ipotesi suggestiva: quell'arto ligneo poteva, doveva necessariamente appartenere al satiro di Othoca, figura mitica maschili, mezzo uomo e mezzo animale legata al mondo dei boschi.

Un reperto, quello di Santa Giusta, che ben si addice - secondo i ricercatori - alle caratteristiche naturali di questi luoghi. È qui che questi anni sono emersi importanti ritrovamenti quali anfore fenicio-puniche con resti di ossi animali (ovini e bovini in particolare) che rivelano segni di macellazione. Contenitori con semi d'uva, pinoli, mandorle.

Le indagini, a Santa Giusta, sono interrotte da anni. E gli annunci di imminenti progetti di studio destinati a svelare altri segreti di questo incredibile giacimento archeologico finiscono molto spesso nel nulla. Questione di fondi? Forse. Resta l'amara verità che troppo spesso, in Sardegna più che altrove, questa branca dell'archeologia venga messa in secondo ordine. Così il satiro di Othoca resta per ora un unicum, un singolo esempio di satiro "sardo". E la storia di Santa Giusta e dell'Oristanese bloccata sotto un metro d'acqua e un bel po' di fango. Vicenda curiosa per una terra circondata dal mare, da quel mondo d'acqua attraverso cui hanno viaggiato e raggiunto l'Isola fenici, punici e armate dell'antica Roma.

Popoli che hanno lasciato testimonianze del loro passato sulla terraferma, innalzando le loro città, ma anche in mare. Ed è nelle sue profondità, come in quelle meno pronunciate delle lagune, che ancora resistono i tesori del passato, gli scrigni della storia. Come i tanti relitti antichi e i loro carichi da cui attingere preziose informazioni per confermare le conoscenze storiche conclamate o riscriverne di nuove.
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