L'euro? Un complotto ordito dalle nazioni dell'Europa del nord per affamare i Paesi del Mediterraneo o, ancora, una moneta che ci ha fatto diventare tutti più poveri perché così volevano i tecnocrati di Bruxelles. L'insostenibilità del sistema pensionistico italiano? Responsabilità dei ministri "tecnici" del governo Monti e della loro austerità. Sono solo alcuni dei tanti luoghi comuni riguardanti l'economia che possiamo trovare nella Rete o anche ripresi su molti media tradizionali. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di risposte semplicistiche oppure tendenziose a questioni complesse e sfaccettate, ma anche di vere e proprie fake news alimentate per ignoranza oppure per convenienza.

L'economista Carlo Cottarelli prova a fare chiarezza nell'oceano movimentato delle bufale economiche con il suo ultimo libro Pachidermi e pappagalli (Feltrinelli, 2019, pp. 272, anche e-book). Lo fa partendo da un semplice assunto: dietro tante notizie false esiste un fondo di verità. Compito degli esperti, ma anche dei media, tradizionali e no, è quello di aiutarci a distinguere tra elementi veri ed esagerazioni, separando la verità dalla propaganda così da liberare soprattutto noi italiani da un vero e proprio sciame velenoso fatto di idee errate che inquinano il dibattito politico e i sentimenti dell'opinione pubblica oramai da anni.

Ma come mai l'economia è tanto al centro della bufera mediatica e riesce a calamitare le bufale più disparate? Lo chiediamo direttamente a Carlo Cottarelli:

"Soprattutto in Italia negli ultimi dieci anni l'economia è andata veramente male tanto che non abbiamo ancora recuperato il reddito pro capite che avevamo nel 2007. Quando le cose non girano nel verso giusto è facile cercare capri espiatori invece di affrontare direttamente i problemi".

Il problema è anche legato ai mezzi d'informazione?

"Non è un atteggiamento di tutti, ma molto spesso vediamo nelle trasmissioni televisive oppure sulla carta stampata l'opinione di un esperto messa sullo stesso piano di quella di un personaggio anche famoso, ma che non ha competenza in materia economica. Insomma, non si vuole realmente capire o spiegare l'argomento che si sta affrontando. Tutti quelli che parlano sono sullo stesso piano e alla fine chi ascolta è confuso".

La rete amplifica questo problema?

"Il web favorisce enormemente la diffusione di bufale perché chiunque può scrivervi quello che gli pare e non c'è controllo. Però la molla maggiore alla diffusione delle fake news in ambito economico è legata al cattivo andamento dell'economia. Inventare colpevoli che non ci sono serve a levarci peso dalla coscienza, ci toglie responsabilità nel momento in cui continuiamo a non affrontare i problemi".

La politica nel nostro Paese si serve delle bufale più che in altre nazioni?

"In ogni luogo e in ogni tempo la politica usa la propaganda per i propri fini e non credo che i nostri politici siano diversi dagli altri. Il problema è semmai l'opinione pubblica italiana, che sta ad ascoltare i discorsi di certi personaggi…".

Da economista c'è una bufala che la colpisce particolarmente?

"Molto diffusa è l'idea che la Banca d'Italia sia stata privatizzata e che il cosiddetto signoraggio, cioè i profitti dell'istituto, non vada più allo Stato ma alle banche private che detengono oramai la Banca d'Italia. Quest'ultima, invece, è un ente pubblico che è partecipato in minima parte da istituti privati. L'apporto delle banche private è però praticamente nullo sia in termini di gestione, sia in termini di profitto. Per intenderci nel 2018 la Banca d'Italia ha avuto profitti per sei miliardi e settecento milioni di euro. Di questi, duecento sono andati alle banche private e il resto allo Stato".

Le banche private sono spesso al centro della bufera mediatica…

"E delle bufale, come quella che avrebbero ricevuto sessanta miliardi dallo Stato per non fallire. Il mantra è che sono dati miliardi ai banchieri e così non ci sono più i soldi per finanziare le leggi. Il salvataggio delle banche è costato alle casse statali molto meno di venti miliardi di euro. Il resto è stato messo dagli istituti stessi per evitare fallimenti che avrebbero colpito soprattutto i risparmiatori. Ma la lista delle bufale è lunga e non si ferma ai confini nazionali".

Ci fa un esempio internazionale?

"Qualche mese fa si è diffusa una bufala riguardante il franco CFA, la moneta usata da molti Paesi africani ex colonie della Francia. Si è detto che questa moneta rovinava le nazioni che la usavano, che i soldi venivano coniati e stampati in Francia e che quindi il governo francese controllava le politiche monetarie di queste nazioni. Niente di vero: sono gli Stati africani a decidere quanto denaro stampare e la propria politica monetaria. Stampare in Francia non significa niente, tanto che esiste una grande stamperia inglese che produce le monete di ben 140 nazioni del mondo. Ma allora questa stamperia decide la politica monetaria di mezzo pianeta?! Eppure, queste storie circolano, anche in Tv".

Per migliorare le cose si dovrebbe insegnare più economia a scuola?

"Se la si insegna bene, ben venga. Altrimenti si finisce per parlare per sentito dire e allora tanto vale…".
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