Le frasi sul vaso di Dueno, considerato il documento più antico della storia romana, sono scritte in sardo e non in latino.

È la tesi del linguista Bartolomeo Porcheddu, docente a contratto di Laboratorio di lingua sarda all'Università di Cagliari, pubblicata in un libro intitolato "Il vaso di Dueno".

Per l'esperto di Ossi (Sassari), si tratta di un'altra prova a sostegno della sua più importante teoria, secondo la quale non è il sardo che nasce dal latino. Ma viceversa.

"Prima di me - spiega Porcheddu - questo documento è stato analizzato e studiato. Ma sempre dando per scontato che il testo fosse in latino. Si andavano a cercare in quelle frasi i casi latini che invece non ci sono. Io l'ho tradotto in sardo e il risultato è stato incredibile: è completamente diverso dalla traduzione precedente. E non ci sono più i problemi che hanno caratterizzato gli studi sul documento: la traduzione ora corrisponde perfettamente al testo".

Ma perché un vaso romano del 600 a.C. sarebbe stato scritto in sardo? "Perché il sardo - precisa l'esperto - per anni è stata la lingua internazionale del Mediterraneo. Nel 600 a.C. siamo in una fase di declino della civiltà nuragica, ma l'influenza della lingua è ancora fortissima. Il latino che poi sarà utilizzato verrà costruito a tavolino proprio sulla base del sardo, lingua alla quale saranno applicati i casi greci". "Nessuno se ne è accorto per duemila anni, perché nessuno si è soffermato sullo studio comparato tra latino e sardo", sottolinea ancora il docente.

Il vaso di Dueno nasce a Roma durante il periodo degli ultimi re, un periodo caratterizzato dalla forte influenza etrusca.

E dopo essere stato ritrovato da Heinrich Dressel, nel 1880, in un deposito votivo al Quirinale a Roma, si trova ora al museo di Stato di Berlino. Nel testo abbondano le spiegazioni tecniche. Ad esempio sulla mancata concordanza dei casi.

"Alla risoluzione di questo dilemma c'è una spiegazione - svela Porcheddu - il vaso di Dueno è stato prodotto prima che i Romani trasformassero la loro lingua sardo-latina in lingua 'latina comune' inserendo i 'casi' greci nei morfemi nominali. Per questo i 'casi' non compaiono nella scrittura del vaso e la struttura delle proposizioni è quella del sardo attuale, che esce nei sostantivi solo con il genere e il numero, senza i 'casi' di provenienza greca". E quell'"ite" dell'iscrizione ha senso, dice lo studioso, solo se tradotto come 'che cosa' alla maniera del sardo "ite cheres", che cosa vuoi.

(Unioneonline/v.l.)
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