Gianrico, non è il solo scrittore della famiglia Carofiglio. Anche il fratello Francesco è un romanziere affermato che forse non ha ancora raggiunto la notorietà dell'ex magistrato, ma è sulla buona strada per emularlo. La madre, Enza Buono, anch'essa scrittrice, ha trasmesso ad entrambi i figli il suo talento e Francesco, architetto di formazione, illustratore, sceneggiatore e scrittore, nel suo ultimo (e undicesimo) romanzo racconta la storia di una novantenne con l'energia intellettuale d'una ventenne.

Parlare di persone anziane non sempre è facile, ma Francesco Carofiglio ha saputo descriverne sentimenti e passioni con grande sensibilità, facendo di Miranda una sorta di memoria compulsiva nel raccontare l'estate del 1939 - la più bella della sua vita -, quando ragazza partì con la madre da Firenze verso la villa del nonno il marchese Ugo Soderini, sulle colline pistoiesi. Quel tempo gioioso fu "L'estate dell'incanto" (Piemme, 268 pagine, 17,50 €), la magia di una mirabile epopea, l'ultima variante di luce nel buio che si stava avvicinando.

E qual è la lezione finale della vita di Miranda? Che la beatitudine è un diversivo, la memoria sedimentata pronta sempre a germogliare, una risorsa inesauribile?

«Miranda, la protagonista de "L'estate dell'incanto", è una novantenne combattiva, anticonformista. Una donna consapevole del tempo trascorso ma ancora protesa verso il futuro. Io non so se ci si abitua a tutto, forse è importante conservare lo sguardo. Un'attitudine costante allo stupore».

La sua protagonista ricorda quando era ragazza di dieci anni e la guerra stava per sconvolgere ogni cosa ma non la sua natura libera?

«L'estate del '39 è un passaggio in bilico per i destini del mondo. Ma è anche la terra di mezzo, per Miranda bambina. Un attraversamento necessario per crescere. Niente, dopo quell'estate, sarà più lo stesso».

Il nonno è la grande anima di questo romanzo, ci regala la grande magia che gli anziani sanno regalare ai giovani con la loro esperienza.

«Ugo Soderini, il nonno di Miranda è un uomo ferito, chiuso al mondo, quasi anaffettivo. Ma accade qualcosa di imprevisto in quell'estate. Qualcosa di magico, forse, come sembra alludere il titolo del romanzo. Nonno e nipote troveranno un inatteso spazio di comunicazione, e un nuovo legame».

La bambina passa attraverso l'incanto di un mondo sconosciuto per approdare poi ai dolori di una stagione che ha offuscato tante vite

«È una delle stagioni di Miranda. Una delle sue vite, dentro una vita infinita. Le traiettorie di un'intera esistenza sembrano incrociarsi nel presente. E generano un risultato inatteso, una improvvisa giovinezza».

Lei ha una mano particolarmente felice nel raccontare le emozioni, i sentimenti, le piccole gioie che fanno dell'esistenza una grande meraviglia.

«Credo che questo dipenda da una certa disposizione all'ascolto. Questa sì, me la riconosco. Mi piace guardare quello che mi sta intorno. Mi piace fermarmi e ascoltare, appunto. Non credo che esista un vero processo creativo senza questo tipo di sintonia».

Lo studio del nonno marchese pittore vietato a tutti l'attrae, ma Miranda sa che forse in quel piccolo eremo sono segregate anche le paure che potrebbero turbarla come le armi nascoste nel fienile per allontanare la realtà?

«Lo studio del nonno è misterioso, altrettanto quanto il bosco che circonda Villa Ada, la cascina in cui vive. Il mistero della scoperta si impasta alle paure di bambina. Quelle paure da cui, a dieci anni, si è irresistibilmente attratti».

Francesco Mannoni

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