Il formaggio sarà più buono grazie ai batteri: la conferma da un progetto dell'Università di Sassari Sa Fruhe 2.0 (casu agedu) che non nasce in laboratorio, ma negli stessi ovili destinati alla produzione.

I ricercatori dell'Università di Sassari hanno pensato di utilizzare ceppi di batteri lattici autoctoni, evoluti e selezionati nei millenni dai pastori nelle loro aziende, per migliorare la qualità e i valori nutrizionali dei formaggi freschi ovini.

Il progetto Minuforte, (Miglioramento nutrizionale di formaggi freschi da latte di pecora e di capra e garanzia dell'identità territoriale) è uno dei 35 progetti "cluster" (collaborazione tra organi di ricerca pubblici e imprese private) promossi da Sardegna Ricerche e finanziati grazie al Por.

È noto come il comparto caseario nell'Isola soffra del ristagno delle politiche commerciali, fortemente legate al Pecorino romano. Gli ultimi dati dimostrano come la situazione stia peggiorando di anno in anno. Occorre cambiare prospettiva.

Da qui l'esigenza di creare prodotti innovativi in grado di conquistare nuove quote di mercato e/o valorizzare prodotti coinvolgendo le piccole e medie imprese in modo da rilanciare il settore e generare reddito e occupazione In questo contesto si colloca il progetto Minuforte, curato dalla dottoressa Nicoletta Mangia, microbiologa del Dipartimento di Agraria dell'Università di Sassari.

Le ricerche pubblicate dall'Istituto di Microbiologia Agraria dell'Università di Sassari dimostrano che il latte di pecora è fonte di lattobacilli potenzialmente probiotici in grado di gestire i bioprocessi caseari essenziali per il miglioramento nutrizionale e funzionale dei formaggi. "L'idea - spiega la dottoressa Mangia - è quella di migliorare la trasformazione del latte con l'applicazione di bioprocessi realizzati da microrganismi autoctoni in grado di controllare e garantire la salubrità e la qualità dietoterapeutica, favorire l'accumulo di metaboliti funzionali e contribuire al miglioramento nutrizionale dei prodotti". Questa strategia è finalizzata alla valorizzazione di formaggi tipici della tradizione casearia, con lo scopo di diversificare l'offerta dei formaggi ovini freschi soddisfacendo le esigenze dei consumatori, sempre più attenti a prodotti alimentari dotati di adeguate proprietà nutrizionali e alto contenuto salutistico.

I ceppi di batteri lattici autoctoni, veri protagonisti del progetto, oltre che costituire una carta d'identità territoriale dei formaggi freschi, come sa fruhe (casu agedu) devono essere selezionati per la capacità di produrre molecole antagoniste nei confronti di microrganismi alteranti (batteriocine e simili) e di molecole con elevato contenuto salutistico (peptidi bioattivi; CLA-acido linoleico coniugato).

"Sarà fondamentale - continua la dottoressa Mangia - armonizzare e ottimizzare il processo produttivo con la corretta gestione dei bioprocessi fondamentali per l'ottenimento di prodotti sicuri, caratteristici della zona di produzione (ambiente, tradizione, saper fare)".

Le imprese coinvolte nel progetto, che si concluderà nel luglio del 2020, sono 15 tra Nuorese e Ogliastra. Le aziende potranno "applicare" i risultati della ricerca scientifica attraverso la produzione di Frue con il mix di colture microbiche selezionate, partecipando in modo attivo al raggiungimento dell'obiettivo del progetto: migliorare e valorizzare la qualità e la sicurezza del prodotto tradizionale. In sostanza la lavorazione della fruhe può essere realizzata tra innovazione e tradizione attraverso biotecnologie che adoperino colture microbiche autoctone in grado di favorire l'accumulo di metaboliti funzionali e contribuire al miglioramento nutrizionale e salutistico dei prodotti. È questa la via da percorrere, secondo gli esperti, se si vuole davvero migliorare l'offerta del latte di pecora e dei suoi derivati.
© Riproduzione riservata