Chiedilo al termostato, che cos'è la parità tra i sessi. Chiedigli se sei un uomo intrappolato nel cliché autoritario; o una donna che non gradisce ma si adegua, e indossa un maglione in più per adattarsi alla temperatura imposta da qualche dittatore di famiglia. La nuova frontiera dello scontro tra Marte e Venere dentro le mura di casa, a quanto pare, si delinea quando si tratta di regolare il riscaldamento. C'è il sospetto che il sessismo si possa annidare anche nella banale manipolazione dell'impianto domestico: e non lo segnala un'associazione femminista, ma uno studio accademico americano. Ohio State University.

Sintesi brutale: la ricerca - dato per scontato che le donne, tendenzialmente, preferiscano ambienti un po' più caldi - dice che nella maggior parte dei casi la gestione familiare della temperatura si colloca più vicino ai voleri di lui che a quelli di lei. Però lui lo chiama "accordo", lei lo vive e lo descrive come il risultato insoddisfacente di un conflitto. Non accade lo stesso anche tra vincitori e vinti di una guerra? E infatti gli autori dello studio (Nicole D. Sintov, Lee V. White, Hugh Walpole) lo hanno intitolato "La guerra del termostato: il ruolo del genere e le negoziazioni sul comfort termico nei comportamenti domestici sull'efficienza energetica".

È un lavoro serio, pur con i suoi dichiarati limiti, pubblicato a metà novembre su Plos (la Public Library of Science, rivista scientifica americana "aperta", basata sulla revisione paritaria dei contenuti). Negli Stati Uniti ha attirato subito una certa attenzione mediatica, per esempio se n'è occupata la Cnn. Poi in Europa l'ha rilanciato un articolo del Guardian firmato da Arwa Mahdawi, brillante columnist mezzo palestinese, mezzo britannica e mezzo newyorkese (sì, in totale fa uno e mezzo: nel terzo millennio l'identità è qualcosa di molto complesso). La cosa suscita interesse perché a parte il tema in apparenza minimale - ma ne siamo poi sicuri? - rivela qualcosa di noi. Tutti noi, donne e uomini: di come siamo e di come interagiamo. "Direi che questa ricerca ci mostra soprattutto la diversa percezione del conflitto, da parte di lei e da parte di lui", riflette Diletta Mureddu, psicoterapeuta esperta di questioni di genere. Differenze che derivano dall'impostazione culturale di cui comunque siamo imbevuti.

L'équipe guidata da Nicole Sintov è partita dalla considerazione che esistono vari studi sui modi di regolazione della temperatura nei luoghi di lavoro, ma nessuno su come questo accada in casa. Per quanto riguarda gli uffici, per esempio, una ricerca olandese del 2015 afferma che i sistemi centralizzati sono di solito regolati per garantire il confort termico ideale per una persona col metabolismo di un maschio quarantenne del peso di circa 70 chili. E poi aggiunge varie considerazioni sulle dinamiche tra colleghi rispetto a questo specifico problema. Ma in ambiente domestico quelle dinamiche possono cambiare, per ragioni facili da immaginare.

Perciò Sintov e soci hanno chiesto a 112 famiglie di Columbus, capitale dell'Ohio, di tenere per due settimane un diario quotidiano in cui annotare ogni modifica nella regolazione del termostato di casa, e la condizione in cui ci si è arrivati: di accordo, se tutti volevano la stessa cosa; oppure di compromesso, se partendo da posizioni differenti si sia raggiunta una linea mediana accettabile per tutti. Oppure ancora di conflitto, laddove non sia stato trovato un punto di caduta: nel qual caso ci sarà uno che vince e uno che perde. I diari dovevano riportare anche le preferenze dei vari residenti nella casa.

È emerso che le donne hanno sottolineato più spesso di trovarsi in una situazione di scarso confort termico, descrivendo il processo decisionale come un conflitto. Invece gli uomini tendono a riferire casi di accordo o di compromesso. "È possibile che le donne stiano perdendo la loro battaglia del termostato", ha commentato Nicole Sintov, "sembra che di frequente il contesto termico non soddisfi le loro esigenze. Ed è anche possibile che una donna interpreti come conflitto ciò che un uomo interpreta come compromesso". Questa è anche la conclusione a cui giunge Diletta Mureddu: "Mi sembra che il nodo sia la diversa percezione della discussione, da parte dei due generi, e il diverso valore che diamo alla discussione stessa", ipotizza la psicoterapeuta, responsabile delle politiche di genere per la Cgil regionale e del Centro donna Cgil di Cagliari. "Le donne riescono a gestire meglio il conflitto, che implica la fatica di discutere con l'altro e trovare soluzioni. Gli uomini tendono a evitarlo. Probabilmente tutto deriva dal fatto che veniamo educati diversamente all'emotività. Alle bambine si insegna a esprimerla, ai maschietti magari si raccomanda ancora di non piangere 'come una femminuccia'. Perché le emozioni appaiono legate alla fragilità".

Diletta Mureddu, psicoterapeuta e responsabile delle politiche di genere della Cgil sarda (foto concessa)
Diletta Mureddu, psicoterapeuta e responsabile delle politiche di genere della Cgil sarda (foto concessa)
Diletta Mureddu, psicoterapeuta e responsabile delle politiche di genere della Cgil sarda (foto concessa)

Questo si ripercuote sulla gestione dei conflitti: "È fondamentale sapersi rapportare alle proprie emozioni, alla propria rabbia", aggiunge Mureddu. "Altrimenti il rischio, per molti uomini, è quello di evitare il conflitto come discussione alla pari, e a volte il risvolto successivo è il ricorso alla violenza". Spesso, conclude l'esperta, non ci viene insegnata l'importanza della negoziazione. È chiaro, qui non si sta più parlando di come regolare il termostato, ma delle dinamiche profonde del rapporto uomo-donna. Anche quella rotella col simboletto della colonnina di mercurio può diventare una misura del cammino culturale che ci resta da fare: uomini divisi talvolta tra il sostegno razionale alla parità di genere, e la pretesa che la nostra percezione di calore sia più importante, più "reale", del freddo altrui. O invece donne pienamente assertive in tutti i luoghi di vita ma arrendevoli in casa, magari perché poco fiduciose (non sempre a ragione) di poter negoziare serenamente col proprio compagno. Potremmo pensare che l'abitudine italiana del riscaldamento centralizzato circoscriva la rilevanza del problema, ma tanto c'è sempre qualche altro confine su cui si fronteggiano preferenze e stili di vita alternativi. Fino alla prova decisiva, quasi insuperabile: quella dell'abitacolo della macchina.

Gli sforzi delle case automobilistiche di consentire temperature diverse tra il lato guida e il lato passeggero si infrangono contro le leggi della fisica: per fare insieme un lungo viaggio senza provare istinti omicidi è ancora necessaria l'arte della diplomazia. E forse questo è il segreto anche per quell'altro viaggio affollato, un po' più lungo, che per brevità chiamiamo vita.

Link allo studio: https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0224198
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