Il Muro di Berlino sembrava eterno. Costruito a partire dal 1961 per mettere fine all’esodo di tedeschi orientali verso Ovest pareva, infatti, impossibile da abbattere finché fosse esistita la Guerra fredda e la contrapposizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Invece, nel corso del 1989, avvenne l’impensabile. In pochi mesi i vari regimi comunisti dell’Europa orientale crollarono sotto il peso di un sistema economico che stava oramai implodendo e sotto la spinta di popolazioni stanche di rimanere fuori dalla storia europea. Infine, il 9 novembre 1989, i berlinesi dell’Est si misero letteralmente a prendere a picconate il Muro che li teneva imprigionati nella loro città.

Il crollo del Muro (foto fornite dall'autore)
Il crollo del Muro (foto fornite dall'autore)
Il crollo del Muro (foto fornite dall'autore)

Fu un momento emozionante, indimenticabile, un momento veramente difficile da raccontare a chi non ha vissuto quegli eventi. Ma cosa è rimasto del Muro, di quella ferita che attraversò l’Europa per tanto tempo, a trent’anni di distanza da quel giorno di novembre? Ne parliamo con Gianluca Falanga, storico che vive a Berlino dove collabora con il Museo della Stasi (la polizia segreta della Germania dell’Est) nonché autore del volume Non si può dividere il cielo (Carocci, 2017, Euro 14,50, pp. 256) dedicato proprio alle vicende del Muro:

“Prima di tutto è giusto ricordare soprattutto ai più giovani che il Muro era l’espressione più evidente di un regime che non tollerava il dissenso e di un sistema politico di tipo autoritario, anzi totalitario. Come racconto nel libro, il Muro ha cambiato la vita di un numero incalcolabile di persone perché ha separato in due una città, quartieri, strade, dividendo tutto quanto si trovasse sul suo corso comprese famiglie, amicizie, affetti... Sono, inoltre, morti in molti per superarlo e tantissimi hanno pagato con la prigione il tentativo di sfidare questa barriera che divideva i tedeschi dell’Est dal resto del mondo. Quindi del Muro rimane prima di tutto la memoria di cosa è stata quella barriera fisica al centro dell’Europa. Una memoria che non può essere accantonata tanto più che le ragioni per cui il Muro fu costruito sono ancora in un certo senso attuali”.

Gianluca Falanga (foto Roveda)
Gianluca Falanga (foto Roveda)
Gianluca Falanga (foto Roveda)

Ci spiega meglio perché sono ancora attuali?

“Esiste ancora oggi una forte tensione tra democrazia e tendenze autoritarie e quando qualsiasi regime tende a chiudersi, a irrigidirsi può arrivare a costruire barriere che ricordano quella berlinese. In fondo, qualche ‘muro’ continua a essere costruito nel mondo anche oggi, segno che la conflittualità della Guerra fredda non esiste più ma ci sono altre conflittualità, altre tensioni che determinano la nascita di barriere. Pensiamo solo al tema dell’immigrazione di massa che oggi spinge molti Stati europei a ripensare i loro confini, a ipotizzare maggiori chiusure verso l’esterno. È il segnale che la tensione tra società aperta e società chiusa è ancora ben presente e non sappiamo come evolverà questa tensione. Verso maggiore democrazia oppure verso nuovi muri?

Lei vive e lavora a Berlino. Qual è la memoria del Muro nella città che ne fu attraversata?

“Il Muro ha lasciato un segno profondo nella cultura, nel tessuto sociale e politico di Berlino. Il Muro è parte dell’identità della città che quasi come reazione alla chiusura imposta per decenni da quella barriera si è proposta come una metropoli internazionale, aperta, dinamica”

Avviene lo stesso nel resto della Germania?

“La riunificazione ha ancora un valore profondo per i tedeschi anche se ci troviamo in una fase storica in cui sono riemerse le distanze tra Ovest ed Est del Paese. Dieci anni fa era facile sentire i tedeschi dire che oramai le divisioni erano state superate. Oggi invece nelle zone della vecchia Germania ovest si torna a dire che l’Est è qualcosa di diverso, di estraneo.”

Come mai questo cambiamento di prospettiva da parte dei tedeschi occidentali?

“Semplificando possiamo dire che è una reazione alle politiche e ai risultati elettorali a cui si assiste nelle regioni orientali. A Est prevalgono formazioni di destra e la popolazione è più rigida su molti temi rispetto agli abitanti dell’Ovest. Questa differenza viene ancora spiegata con la lunga durata del Muro. Almeno due generazioni di tedeschi dell’Est ancora viventi si sono formate all’ombra di quella terribile barriera. Per molti nella Germania occidentale questo fatto conta tantissimo e fa sì che il Muro sia ancora presente nella vicenda tedesca, non sia una divisione superata.”

Ma qualcuno rimpiange il Muro?

“Qualcuno almeno nelle parole e nelle dichiarazioni che capita di sentire lo rimpiange ma credo che siano più che altro battute dettate da superficialità, da una certa tendenza a banalizzare. In maniera semplicistica, si ha nostalgia della sicurezza e mancanza di scossoni della vita che si conduceva nelle società comuniste mentre si temono i continui cambiamenti imposti da una società aperta, globalizzata. Però nel profondo anche chi è stato formato nella vecchia Germania orientale non ritornerebbe mai a quel regime ossessivo e paranoico”.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro
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