"La fine degli anni Sessanta, che bel periodo. Sono gli anni, tanti, almeno quattro, che segnano un passaggio epocale per l’Italia. Dal boom al terrorismo. Dal clima rilassato e vagamente festaiolo dell’età d’oro della rinascita ai Settanta. Ma è anche il periodo in cui tutto cambia. Anche a Cagliari, che passa in poco tempo da vecchio borgo, amichevole e ingenuo, dove tutti si danno del tu, a città moderna. Proiettata nel futuro, con tutti i vantaggi e naturalmente i rischi".

Antonello Deidda, giornalista da tempo prestato alla narrativa, racconta il capoluogo della Sardegna in quegli anni attraverso trenta racconti.

Si intitola "Casteddusicsti" il nuovo libro appena pubblicato da Edizioni La Zattera, 320 pagine che scorrono veloci, introdotte da Nino Nonnis: "Cagliari è diversa a seconda dell’età di chi la possedeva. Si è trasformata per piccoli cambiamenti, diventando altra, nel bene e nel male, ed è esercizio di parte stabilire se in meglio o in peggio. Della sua bellezza ti rendi conto quasi ammettendolo a te stesso, senza paura di esagerare… In questo libro, che è un atto d’amore e di affetto per la città e verso se stessi, i suoi abitanti, la loro storia rivissuta quasi per trasmetterla ai figli, per rendere certe atmosfere, l’autore ci porta in giro, come in una serata tra amici, più o meno memori ma col gusto di riportare alla memoria piccole storie e grandi accadimenti, momenti, luoghi e nomi che hanno formato e costituiscono il nostro bagaglio sentimentale".

Nino Nonnis (Foto M.F. Chiappe)
Nino Nonnis (Foto M.F. Chiappe)
Nino Nonnis (Foto M.F. Chiappe)

Anche questa volta Antonello Deidda, al suo quarto libro, il terzo su episodi che hanno fatto la storia recente di Cagliari (su tutti “La notte di Cagliari, 23 storie nere” del 2017), usa lo slang del capoluogo dosando dialetto e lingua italiana proprio come fanno i casteddai doc. E lo fa da subito, sin dalle prime righe del primo racconto che ricostruisce l’uccisione di una ragazza: oggi diremmo femminicidio, visto che lei è stata assassinata dall’amante che poi ha tentato il suicidio, senza riuscirci.

"Aggittoriu. C’esti una pivella. Mesu spollara. No’ si moviri. Esti aintru a unu casottu. A sutta del monte Urpinu. Forsi forsi d’anti morta. Sanguni in d’ogna logu. C’esti un’arresoia da ‘na parti. Puru cussa cun sanguni. Tenu axiu a da movi".

Deidda ricostruisce i fatti con il distacco che impara chi frequenta la sezione cronaca di un quotidiano, dove ha lavorato per tutta la vita, prima a "L’Unione Sarda" poi a "La Nuova Sardegna", per infine immergersi nella rilettura dei fatti vecchi. Ed è la descrizione di un femminicidio anche il secondo racconto: "Peccato che Valentino dimentichi un’altra cosa. Anche se ha solo 15 anni ed è una ragazzina, Adriana è una donna licera. Vuole decidere chi vedere, con chi uscire e quando fare l’amore. Sono i tre capisaldi della rivoluzione sessuale femminile. Valentino non lo capisce, uno dopo l’altro scende i gradini del ridicolo che gli annebbia la mente. E quando lei gli dice che è finita per lui è la mazzata finale. 'Ita appu fattu? Poita mi trattas aicci? Deu fazzu unu macchiori'".

Farà la pazzia, e sarà ricordato come il primo stalker della storia di Cagliari. Ma non ci sono solo storie nere nel libro di Deidda: sono molti i racconti sul cambiamento della città. Tra questi quello su Giorgino e i lavori per la costruzione del Cep.

E ancora: Mexico e nuvole, capitolo musicale che segna un passaggio importante della vita casteddaia. "È quasi impossibile stare dietro alla nascita di tutti i complessi cagliaritani. I nomi che si danno sono da fantasia al potere: gli Spettri, i Marines, gli F104, i Jfk, i Nati stanchi, gli Argonauti, i Visconti, The pipers, The dreams, Cervi, gli Spiders, gli Squali, i Naufraghi. Lo schema è semplice. Voce e chitarra ritmica, basso, batteria e chitarra solista".

E come non citare l’episodio dei dischi volanti di cui si è parlato in ogni angolo, chi ci credeva e chi no, poco importava. "Viale Europa, agosto 1966. O babbo, itta esti cussu bassinu in su celu, accantu a sa luna? Uno discu volanti. E di colore verde bottiglia. Pare. A un certo punto si ferma a circa cento metri d’altezza, proprio sopra lo stagno di Molentargius. Sembra. Rimane fermo per un breve periodo, uno o due minuti. Forse. Mentre padre e figlio cercano di spiegarsi l’accaduto il disco volante riparte in direzione di Decimomannu".

L’hanno raccontata così al centro per gli avvistamenti ufologici e con mano leggera Deidda ci scherza su. Insomma, tra cronaca e leggenda, l’autore va a frugare tra i ricordi dei cagliaritani, quelli riportati nelle cronache dei giornali dell’epoca, soprattutto "L’Unione Sarda", e quelli tramandati di padre in figlio, dove verità e bugie si mescolano trasformandosi n storie destinate a diventare leggende metropolitane.

Con un linguaggio semplice Deidda, come scrive Roberto Randaccio nella postafazione, "racconta Cagliari attraverso la filigrana della memoria, con schiettezza di cronaca ma anche rivelata per il tramite di una sorta di mitografia dell’animo di evocazione nostalgica, di reminiscenza malinconica".
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