Un libro complesso, che si muove su più livelli di narrazione. Un libro che è allo stesso tempo romanzo di genere poliziesco, racconto di formazione sentimentale, apologo sui tempi e sulla società in cui viviamo e riflessione sul ruolo del sacro nella modernità.

"La strategia della clarissa" (Bompiani, 2019, pp. 400, anche e-book) di Cristiano Governa è tutto questo riuscendo anche nell'intento di appassionare i lettori. Parte, infatti, come un classico giallo investigativo con il protagonista, il commissario Carlo Vento, distolto dal suo trantran, fatto di buona cucina e canzoni del bel tempo che fu, per occuparsi della sparizione di una ragazzina di quindici anni.

Carlo si mette in moto come potrebbe fare un vecchio motore diesel: scoppietta, sbuffa, si muove con lentezza esasperante. A mettere il turbo all'indagine di Carlo ci pensa la sorella Paola, una suora clarissa anomala, splendida e terribilmente irrequieta. I due in qualche modo si completano. Lui è metodico ma privo di fantasia. Lei è spumeggiante ma con un pizzico di avventatezza, ma il loro strano connubio comincia a portare risultati, a far emergere la verità, anzi tante verità sovrapposte e intrecciate. Verità inquietanti per molti dei personaggi coinvolti nella vicenda. Insomma, un libro che pur muovendosi nell'ambito della letteratura di genere mostra di voler andare oltre i cliché e i canoni del poliziesco come ci conferma proprio Cristiano Governa:

"Nel mio libro ho voluto usare il genere, il poliziesco, il noir per descrivere le degenerazioni del presente. Oggi siamo oramai assuefatti a tutto e per raccontare cosa ci fa veramente paura bisogna spiazzare il lettore mostrandogli che spesso il pericolo, il male non viene dai serial killer come nelle fiction, ma dal vicino, dalla persona della porta accanto. Il male si può diffondere, permeare le persone. Durante l'indagine di Carlo e Paola ci si rende conto che più si indaga, più persone si trovano sotto i riflettori, più emerge qualcosa di oscuro da non rivelare".

Quello che colpisce è però il tono leggero, anche ironico che accompagna soprattutto la prima parte del romanzo. Come mai questa scelta linguistica e stilistica?

"Ci tenevo a raccontare una storia terribile – perché la sparizione di una ragazza è veramente un fatto terribile – con un tono capace di attirare l'attenzione del lettore. Il tono ironico è un modo per farlo entrare nell'ordine delle idee che le cose sono più complesse di quanto sembrano. Ho voluto, in un certo senso, ripercorrere i sentieri aperti da Buzzati, da Gadda, da Piero Chiara, autori che parlano del lato oscuro dell'uomo e della società ma con leggerezza".

Complessi sono anche Carlo e Paola. Perché ha scelto di mettere insieme due personaggi tanto diversi?

"Mi servivano due personaggi opposti. Un uomo mediocre, né eroe, né antieroe, due categorie che mi hanno oramai stancato. Volevo un uomo senza grandi qualità, che svolgesse il suo mestiere ma senza passione, senza attrazione per la legge e la giustizia. Per riscattarlo, mi serviva un personaggio pieno di vita e di curiosità come Paola, una donna che ha scelto la clausura, ma che ha interesse per tutti e per tutto".

Prima lei ha parlato di Chiara, Buzzati e Gadda. I suoi due protagonisti sembrano però avere un fondo di maggiore umanità rispetto ai personaggi dei romanzi degli autori citati…

"Probabilmente sì. Carlo è un mediocre, ma non è un indifferente. Manca magari di ambizione, ma a dargli la spinta c'è Paola. A questo punto il commissario, da vero diesel, si avvia, prima lentamente, poi comincia a macinare chilometri. Ma più Carlo accelera, più Paola perde le sue sicurezze, va in crisi".

Come mai?

"Per incominciare una caccia all'assassino ci vuole qualcuno che abbia dentro di sé la voglia di vivere, il piacere della scoperta. Per catturare un possibile assassino, ci vuole invece una persona che non ha paura di perdersi nel male, non ha paura di morire. Carlo se perdesse la vita non rinuncerebbe quasi a nulla. Paola perderebbe molto.".

Una clarissa imprevedibile Paola. Esce dalla clausura, va al mare in bikini, ama stare in mezzo alla gente. Perché scegliere proprio una suora?

"Il personaggio di Paola è in qualche modo ispirato a quello reale di santa Chiara, che era per i suoi tempi sicuramente fuori dai canoni. Però, Paola, come Chiara non è fuori dai canoni perché fa cose trasgressive. Paola va controcorrente perché non ha paura di parlare di Dio in una società dove il divino, il sacro sembrano non esistere più. Era quello che faceva Chiara nel Medioevo e ho voluto attualizzare una santa. Un santo oggi probabilmente non starebbe mai al chiuso in un chiostro ma uscirebbe, frequenterebbe i social".

È particolare anche il rapporto che esiste tra i due fratelli…

"Senza morbosità e malizia, sono una vera e propria coppia. Paola e Carlo sono come due innamorati, sono legati da un rapporto di fedeltà, sostegno reciproco e comprensione. Per ognuno dei due, l'altro è l'unica persona su cui si può veramente contare".

Il suo è un romanzo sicuramente noir, ma senza concessioni alla violenza gratuita. Eppure, la vicenda appare, pagina dopo pagina, sempre soffocante, avvolta in una nebbia appiccicosa dove si mescolano violenza e indifferenza. È stata una scelta voluta?

"Le propongo una riflessione generale. In ogni giallo che si rispetti per uccidere ci vuole un movente, ci vuole una ragione e un ragionamento. Invece per vivere si dà per scontato che il movente non serva. Insomma, per fare una cosa terribile come uccidere, è per noi normale ragionarci sopra. Per una cosa bellissima come la vita invece va bene anche l'indifferenza, fare le cose come capita. Una società che accetta regole di questo tipo non è di per sé intrisa di violenza e indifferenza? Non è supina alle norme della violenza e dell'indifferenza?".
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