Giovanni Castellaneta ha dedicato la maggior parte della sua vita alla carriera diplomatica. È stato ambasciatore in Iran, in Australia e anche negli Stati Uniti. Ha, inoltre, lavorato per molti governi del nostro Paese, dalla Prima Repubblica fino ai giorni nostri. Ha avuto quindi la possibilità di guardare da un osservatorio privilegiato i grandi cambiamenti che hanno interessato il nostro Paese e tutto il globo negli ultimi decenni, soprattutto a partire dalla caduta del muro di Berlino. E si è trovato a vivere in prima persona la delusione delle aspettative di chi era convinto che una volta finita la Guerra Fredda ci saremmo indirizzati verso un mondo prospero e libero dai conflitti. Proprio questa vasta esperienza delle dinamiche della politica internazionale è alla base del saggio "In prima fila" (Guerini e Associati, 2019, pp. 165, anche e-book), all'interno del quale Castellaneta non solo ripercorre le principali vicende globali dell'ultimo trentennio, ma avvia una riflessione sul presente, aprendo scenari su come gestire la transizione in corso in maniera ordinata.

In questo contesto, sorgono inevitabilmente interrogativi su quale ruolo sta svolgendo oggi l'Italia a livello internazionale e quale invece dovrebbe svolgere in futuro. Interrogativi che giriamo direttamente all'ambasciatore Castellaneta:

"Devo dire che nel corso dell'ultimo anno e mezzo l'Italia non è stata in grado di giocare un ruolo attivo e di leadership in politica estera: il Ministro degli Esteri Moavero ha lavorato molto bene per mantenere un dialogo stretto e produttivo con i nostri interlocutori internazionali – insieme al Presidente del Consiglio Conte che ha saputo tessere buone relazioni personali – ma è mancato un deciso impulso politico. Il nuovo Ministro degli Esteri Di Maio dovrebbe partire dalla considerazione che l’Italia è una media potenza con una vocazione prevalentemente regionale".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

In quali scenari questo ruolo si potrebbe dispiegare con maggiore efficacia?

"Nel Mediterraneo allargato fino al Medio Oriente e nei Balcani, nostro 'cortile di casa'. Il tutto senza dimenticare che la nostra collocazione nell'Unione Europea e nella NATO e le relazioni transatlantiche devono rimanere i punti cardinali della nostra politica estera. Avendo ben chiara la nostra capacità di proiezione potremmo perseguire al meglio gli obiettivi chiave per il nostro interesse nazionale: la stabilizzazione della Libia, l'allargamento dell'UE a tutti i Balcani, una mediazione con l'Iran che porti ad una rimozione delle sanzioni nei suoi confronti, una relazione più distesa tra UE e Stati Uniti che porti ad un rinnovato atlantismo e ad abbandonare istinti protezionisti ed isolazionisti. Davanti a noi c'è un'importante opportunità da sfruttare per provare ad orientare l'agenda delle grandi questioni globali, ovvero la Presidenza del G20 nel 2021. Spero che il Conte-bis sia in grado di sfruttarla".

Gli antichi equilibri internazionali nati dopo la Seconda guerra mondiale oggi sembrano non funzionare più. È veramente così?

"A quasi trent'anni dalla caduta del muro di Berlino, possiamo dire che il mondo è profondamente mutato e che è in atto un cambio di paradigma nelle relazioni internazionali. Possiamo infatti notare una tendenza regressiva del multilateralismo, che deriva da un lato dalla crisi di organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e l'Organizzazione Mondiale del Commercio, dall'altro dalla crescente tendenza di alcuni Stati a fare sempre più uso dell'approccio unilaterale – o al massimo bilaterale – per la risoluzione delle controversie e il perseguimento dei propri interessi. Gli Stati Uniti di Donald Trump sono un chiaro esempio di questo atteggiamento. Inoltre, è emerso un nuovo tipo di attori globali".

Quali?

"Le grandi multinazionali che, soprattutto in campo tecnologico, oggi fatturano più del PIL di molti Stati e hanno crescente influenza nel decision making. La governance multilaterale, come dicevo prima, è messa a rischio da troppe tensioni e spinte centrifughe. È necessario innanzitutto cercare di estinguere i vari focolai di crisi che potrebbero fare leva su questa fragilità intrinseca del sistema internazionale e generare nuovi conflitti, e poi ridefinire il sistema internazionale su una base di nuove regole che possano essere condivise da tutti".

L'ONU è oramai un organismo obsoleto oppure può tornare a svolgere un ruolo nella politica internazionale?

"L'ONU non è un organismo obsoleto ma necessita di una profonda azione di riforma per poter tornare a coordinare i rapporti tra Stati in maniera efficace. Innanzitutto, con una riforma della governance multilaterale. Come suggerisco nel mio libro, nell’ambito delle Nazioni Unite il concetto di veto andrebbe ampiamente riformato, così come la composizione del Consiglio di Sicurezza, che dovrebbe riflettere maggiormente gli attuali rapporti di forza. Tale ripensamento dovrebbe avvenire nell'interesse sia dell'Unione Europea che dell'Italia, attraverso una rinuncia della Francia al suo seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza in cambio di uno affidato all'UE nel suo complesso".

Quale dovrebbe essere invece il ruolo dell'Unione Europea a livello internazionale?

"Il progressivo disimpegno da parte degli Stati Uniti in tema di protezione militare dell'intero Occidente dovrebbe chiamare l'UE a un'ulteriore assunzione di responsabilità, portandola a dotarsi di una visione strategica a livello globale con capacità operativa (quindi con una Difesa comune). Bisognerebbe pervenire ad una politica estera che sia espressione non tanto della somma degli interessi nazionali dei 28 (27 dopo la Brexit) Stati membri, quanto dell'elaborazione consapevole e matura di un ‘interesse europeo’ da proporre e difendere nel mondo. L'UE deve prendere atto che è composta da un gruppo di tanti ‘deboli’ che possono diventare un soggetto 'forte' solo unendosi".

L'Unione pare però avere molte fragilità…

"Servirà, infatti, affrontare con spirito di unità la questione migratoria, a partire da una revisione della Convenzione di Dublino, e il tema del Patto di Stabilità e Crescita, per rilanciare al più presto la crescita economica in maniera sostenuta. Riuscire ad affrontare in maniera efficace queste sfide permetterebbe di mettere i vari populismi e sovranismi sotto scacco".
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