L'essenza di un grande classico qual è il conte di Montecristo di Alexandre Dumas sta in poche righe che uno dei migliori scrittori dell'ultima generazione nostrana, Alessandro Perissinotto, ha dedicato al capolavoro di Alexandre Dumas: "Mio nonno, che era quasi analfabeta (sapeva leggere ma non scrivere), mi raccontava storie meravigliose attingendole a una miniera segreta. Prima di morire, mi ha consegnato la sua biblioteca: era fatta di due libri e uno era 'Il conte di Montecristo'. E così ho scoperto dov'era la sua miniera segreta; perché nel 'Conte di Montecristo' c'è tutto: l'amore, il tradimento, il sopruso, la vendetta, la voglia di resistere e il coraggio di soccombere".

Pubblicato tra il 1844 e il 1846 il romanzo di Dumas, infatti, è una sorta di summa di come deve essere un romanzo d'avventura. È, prima di tutto, un libro totalmente pensato per appassionare il lettore, per coinvolgerlo totalmente grazie al fascino dei personaggi – in primis, il protagonista, Edmond Dantès - e alla ridda indiavolata di colpi di scena che punteggiano la trama.

Un'illustrazione d'epoca di Paul Gavarni (foto L'Unione Sarda - Roveda)
Un'illustrazione d'epoca di Paul Gavarni (foto L'Unione Sarda - Roveda)
Un'illustrazione d'epoca di Paul Gavarni (foto L'Unione Sarda - Roveda)

Certo, la verosimiglianza e la logica stringente a volte vanno a farsi benedire, però importa veramente poco nel momento in cui si viene trasportati in quel paradiso della fantasia narrativa che è "Il conte di Montecristo". Un paradiso dove, dal punto di vista romanzesco, non manca veramente nulla. C'è, infatti, l'eroe per cui fare il tifo e con il quale immedesimarsi, quell'Edmond Dantès che si vede prima portare via tutto con l'inganno e poi trova i mezzi e la forza per rifarsi di chi l'ha ingannato. Ci sono i cattivi: cinici, subdoli, arrivisti e meschini, "affaristi spregiudicati e funzionari di mezza tacca che sapevano sfruttare la politica, le amicizie di qualità a unico profitto personale" come li ha definiti un critico come Enzo Siciliano, grande estimatore e studioso di Montecristo. C'è naturalmente l'amore, che tutti inseguono e che nessuno sembra in grado di raggiungere pienamente. E c'è il mistero impersonato dal personaggio del conte di Montecristo, maestro di travestimenti, di sottili trame, di perfide trappole ai danni di coloro che gli avevano rovinato la vita quando era semplicemente Edmond Dantès, giovane capitano di nave prossimo a sposare l'amata Mercedes.

Montecristo è il centro attorno a cui ruota tutto l'universo narrativo di Dumas in questo romanzo ed è l'elemento che rende il libro ancora così attuale e appassionante quasi due secoli dopo la sua pubblicazione. Dantés-Montecristo è, infatti, l'emblema dell’uomo comune che riesce a reagire alle avversità grazie alla propria forza interiore e alla propria intelligenza. È vero che viene istruito per lunghi anni in carcere dall’abate Faria, sorta di Leonardo da Vinci onnisciente, e che diventa ricco grazie al tesoro dell'abate stesso. Però Dantès sa far fruttare i doni che ha ricevuto dal destino, si prepara allo scontro conscio che sono stati uomini come lui a cagionare la sua rovina. Non si nasconde accusando della sua malasorte il destino, la sfortuna né tantomeno un Dio malvagio. Dantès-Montecristo combatte quindi fino in fondo la propria battaglia e in prima persona, commettendo anche errori terribili e colpendo crudelmente anche chi è innocente. Però solo scoprendo fino in fondo le proprie virtù e le proprie tremende debolezze di uomo potrà ricominciare a vivere e saprà liberarsi dai propri fantasmi e, forse, dai propri rimorsi.
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