Le trovi in ogni angolo del mondo e ce ne sono veramente per tutti i gusti e per tutti i palati. Parliamo delle polpette, un piatto che viene cucinato da millenni e che a lungo è stato sinonimo di cucina casalinga, di cucina povera perché spesso la polpetta raccoglieva il poco che era rimasto nelle case delle famiglie meno agiate di un tempo. Oggi, però, questo alimento sta mostrando di adattarsi come pochi altri alla contemporaneità e alla fusione di sapori e ingredienti tipica del mondo globale. Così, accanto alla polpetta tradizionale troviamo quella etnica, quella creativa, quella che accontenta vegetariani e pure vegani fino ad arrivare alle versioni dolci con cui chiudere i pasti.

Insomma, per questo cibo si prospetta un grande futuro come raccontano Daniela Brancati e Daniela Carlà nel loro libro "Polpettology" (Manni, 2019, pp. 136), vera e propria summa di quanto si deve sapere riguardo la teoria e anche la pratica – non mancano, infatti, gustose ricette – del cibo probabilmente più frequentato dai palati al mondo. A Daniela Brancati, giornalista con un passato di direttrice del Tg3 della Rai, chiediamo come prima cosa perché le polpette hanno tanto successo:

"Perché allo stesso tempo sono un piatto locale, della tradizione, e un piatto globale, perché non esiste paese al mondo che non abbia le sue polpette. E poi con pochi ingredienti e un pizzico di creatività riescono veramente ad accontentare tutti".

Eppure, la polpetta è stata a lungo considerata un cibo un po' rozzo, non certo adatto a una cena con ospiti…

"Diciamo che ad un certo punto della nostra storia nazionale, attorno agli anni Settanta, abbiamo cominciato a vergognarci un po' delle polpette. C'era stato il miracolo economico, eravamo usciti dalla povertà e ci è sembrato che mangiare e soprattutto offrire un piatto realizzato soprattutto con gli avanzi fosse una cosa brutta. Per mia nonna non era affatto così, anzi. La polpetta era per lei la prova che si riusciva a mettere sempre e comunque qualcosa in tavola e non si buttava nulla".

Che cosa ha favorito il gran ritorno di quello che era un piatto d'altri tempi?

"L'avvento di una nuova filosofia basata sulla responsabilità sociale dei gesti che compiamo, anche di quelli più piccoli. Uno di questi gesti è non sprecare cibo e oggi si parla veramente molto di limitare lo spreco alimentare. Le polpette aiutano a sprecare meno. È un ritorno a un passato di rispetto per gli alimenti che riguardava un tempo tutti, non solo i poveri. La mia famiglia era benestante ma non si sprecava nulla, soprattutto non si sprecava il pane. Era una vera e propria filosofia di rispetto anche per le cose minime che abbiamo ritrovato scrivendo il nostro libro sulle polpette. Una filosofia fatta di gesti che si compivano nel momento in cui si preparava il cibo".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Un esempio?

"Non c'entra con le polpette, ma quando si preparava il pane si faceva sulla pagnotta una croce per ringraziare di avere ancora una volta il cibo per sfamarsi. Vi era consapevolezza dell'importanza di quella pagnotta. Si tratta di tradizioni, sapienza popolare che si è persa e che è importante ritrovare. Anche recuperare e riutilizzare tutto in cucina è un'antica sapienza che si stava perdendo e che si deve invece riportare in auge. È un pezzo di storia dell'umanità e anche una parte della storia delle donne che va conosciuta, raccontata".

Ce la racconti allora…

"Tanti piatti che oggi vengono considerati prelibatezze, come certe ricette per preparare le stesse polpette, affondano le loro radici nella grande fame del passato e allo stesso tempo nella grande creatività femminile, quella creatività che permetteva di fare miracoli in cucina con poco. Le polpette sono tra i simboli più forti della fantasia e del riutilizzo, quindi della capacità delle donne di un tempo di non scoraggiarsi di fronte a una dispensa praticamente vuota e dare vita comunque a qualcosa di buono".

Nel libro avete ripercorso la storia delle polpette e avete voluto muovervi per il mondo alla ricerca di ricette che mostrassero il lato fusion di questo piatto, la sua capacità di mescolare usi e costumi differenti. Cosa vi ha colpito in questo viaggio fra tradizione e attualità?

"Il legame di affetto che un po' tutti hanno con questo alimento. La polpetta non gode di grande reputazione, nessuno chef stellato te la propone. Però questo piatto si porta dietro un mondo di affetti, di relazioni, di ricordi. Basta fare la prova quando si è con amici e ci si mette a parlare di cibo. Basta pronunciare la parola polpetta e subito partono i ricordi, le nostalgie. Insomma, la polpetta non è solo un cibo, è parte di quello che siamo".
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