Ci sono storie che paiono uscire direttamente dalla fantasia epica di Omero. Storie avvenute poco più di mezzo secolo fa ma che paiono antiche. Storie sulle quali è calata un velo di oblio, per convenienza e per indifferenza. O per non turbare il politically correct imperante.

Forse però è buona cosa cominciare dall'inizio, come in ogni storia che si rispetti. Tutto inizia nel 1960 quando il Congo sta per ottenere l'indipendenza dal Belgio. Gli antico dominatori e le grandi potenze mirano però a una decolonizzazione soft, con le redini dell'economia congolese saldamente nelle mani di Bruxelles o di Washington. Il giorno della proclamazione dell'indipendenza, però, Patrice Lumumba, uno dei maggiori leader politici congolesi, tiene un discorso in cui annuncia di non volere un cambiamento gattopardesco. Vuole chiuderla con il colonialismo per sempre e questo scatena le reazioni delle grandi potenze che alimentano in Congo una terribile guerra civile. Padre Marco Giraldi, missionario saveriano, si trova faccia a faccia con le violenze di quei giorni e decide di non stare a guardare. Deve fare qualcosa per aiutare i confratelli e le consorelle oramai alla mercé delle milizie e si mette allora alla guida di una squadra di mercenari, il Quinto Commando. Come un monaco-guerriero medievale affianca alla fede la spada per salvare le vittime della guerra.

Ispirandosi a personaggi realmente esistiti e a una vicenda vera, Valerio Massimo Manfredi ricostruisce, con il respiro epico che da sempre lo contraddistingue, le imprese di questi mercenari e del loro insolito condottiero nel romanzo "Quinto comandamento" (Mondadori, 2018, pp. 354, anche e-book). Un romanzo che, come ci conferma l'autore, nasce dall'incontro fortuito con il vero protagonista della vicenda, padre Angelo Pansa:

"L'ho incontrato otto anni e quando ha cominciato a parlare delle sue avventure in Congo ho capito che quella storia andava raccontata, perché era epica, straordinaria. È la storia di un religioso che nel giro di due anni ha salvato più di un migliaio di persone. Nella sua ultima missione ha percorso più di 400 chilometri a piedi in soli undici giorni per salvare due padri missionari presi in ostaggio. Insomma, dovevo raccontare la scelta di un uomo che imbraccia le armi non per uccidere ma per difendere i più deboli.".

Il titolo del libro richiama proprio il comandamento "non uccidere". Nella realtà il protagonista della vicenda si è mai trovato a dover fare una scelta estrema?

"Una volta gli ho chiesto se avesse mai dovuto uccidere. Mi ha risposto: 'No, ma è come se l'avessi fatto. Quando ho visto un mio confratello squartato, mentre gli divoravano il fegato ho premuto il grilletto. Ma il mitra si è inceppato'. Però per padre Angelo e per il suo alter ego del mio libro non si pone neppure la questione di uccidere per salvare sé stessi. Si pone se un innocente è in pericolo".

Come operava il Quinto Commando?

"Usavano la tecnica del blitz, con interventi basati sulla sorpresa e un'adeguata pianificazione. Certo, ebbero scontri a fuoco anche duri ma in determinati casi alternative non ce n’erano".

Come è avvenuto che un missionario è diventato una sorta di monaco-guerriero?

"La Santa Sede, in previsione della fine della dominazione del Belgio, aveva pianificato il rientro dei missionari presenti, i Padri Bianchi, dal Congo. Erano religiosi quasi tutti di origine belga e quindi si temevano vendette nei loro confronti. Vennero mandati i missionari saveriani, che erano italiani e contando sul fatto che l'Italia non aveva un passato coloniale nella regione. Quando scoppiò la guerra civile però i missionari si ritrovarono al centro delle vendette dei sostenitori di Lumumba, che nel frattempo era stato assassinato per volere delle potenze occidentali. A questo punto il nunzio apostolico in Congo decise di creare una squadra per liberare ostaggi e salvare suore e religiosi. Trovò la persona giusta in Angelo Pansa/Marco Giraldi e lo incarico di creare il Quinto Comando. Un incarico ufficioso, naturalmente, perché le autorità ecclesiastiche mantennero uno stretto riserbo sulla cosa".

Chi erano gli uomini che componevano il Quinto Commando?

"Erano combattenti, con tutto ciò che comporta questa definizione. Però padre Angelo ha saputo prendere in mano la situazione. Ha chiarito subito che se avesse visto qualcuno compiere atrocità sarebbe intervenuto sparando al colpevole e tutti erano consapevoli che l'avrebbe fatto. D’altronde era l'unico modo per farsi intendere dai mercenari. Però stimava molto i suoi uomini, molti dei quali sono morti durante i blitz. Durante una recente presentazione del libro padre Angelo ha detto che i mercenari vengono ingaggiati per uccidere, ma anche per morire. Soprattutto per morire e il sangue che hanno versato per degli innocenti è stato il loro battesimo. Ha aggiunto che se mai si trovasse un giorno alle soglie del Paradiso, chiederà se i suoi uomini sono già stati fatti entrare. E se non ci saranno, non ci metterà piede neppure lui in Paradiso".
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