Tornano i lupi. Negli ultimi anni, grazie alle politiche di protezione e all'abbandono di tante zone rurali come conseguenza della moderna urbanizzazione, in tutta Europa la presenza del lupo si è fatta molto più consistente rispetto a una trentina di anni fa. Nel nostro Paese il numero di esemplari di questo animale si era ridotto a un centinaio all'inizio degli anni Settanta e oggi la popolazione si è più che decuplicata. Il lupo è così tornato a essere una presenza anche vicino ai centri abitati, nei pascoli, nei boschi.

Assieme ai lupi sono tornate antiche paure, mai sopite del tutto. Sono tornati i timori per un animale considerato, per lungo tempo, pericoloso, feroce, una calamità per le greggi, addirittura una incarnazione del Male e del Demonio. Paure ancestrali, antiche leggende che accompagnano il lupo da secoli e che sono il frutto dei grandi cambiamenti culturali e ambientali conosciuti dal nostro continente.

A raccontarcelo è lo storico Riccardo Rao, autore del volume "Il tempo dei lupi" (Utet, 2018, p. 256, anche e-book), un viaggio attraverso documenti e leggende alla scoperta della storia e dei luoghi di un animale favoloso e, allo stesso tempo, famigerato. Ma famigerato lo è stato sempre? Lo chiediamo proprio a Riccardo Rao:

"Nell'antichità il lupo non godeva della pessima fama che ha avuto in seguito. Se ci pensiamo, secondo la tradizione romana, fu proprio una lupa a salvare Romolo e Remo ponendo la prima pietra della futura gloria di Roma. Le cose non erano tanto diverse per il lupo neppure nei primi secoli dell’età medievale. Il paesaggio dell'Europa dell'Alto Medioevo era caratterizzato da grandi estensioni di boschi e per gli uomini questo animale era una presenza in un certo senso quotidiana, tanto che Lupo era diffusissimo anche come nome di persona. Il lupo era il re degli animali d'Europa, era simbolo di forza. Mangiare carne di lupo, ornarsi con le sue ossa e la sua pelle era un modo per acquisire le sue migliori qualità. Nel corso del Medioevo però le cose cambiano".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Cosa succede nel corso dell'età medievale?

"In quel periodo cominciò a diffondersi quella leggenda nera relativa a questo animale destinata a giungere quasi fino ai giorni nostri. A modificare il panorama fu prima di tutto l'affermazione del cristianesimo. Quella cristiana è una religione pastorale, legata alla figura di Cristo come buon pastore che accudisce le pecore, cioè i suoi fedeli. Proprio le pecore erano le prede classiche del lupo e quindi questo animale cominciò a essere considerato come la personificazione del Maligno. I lupi poi vivevano nel buio dei boschi, si muovevano a loro agio soprattutto con le tenebre, attaccando preferibilmente chi era da solo e in difficoltà. Insomma, potevano essere solo figli del Demonio o il Diavolo stesso".

Fu un cambiamento esclusivamente dovuto alla religione?

"Non solo. A rendere ancora più tesi i rapporti tra uomini e lupi ci furono anche i cambiamenti avvenuti in Europa dopo l'anno Mille e ancora di più nell'età moderna, fra Cinque e Settecento. Per secoli, nel nostro continente la popolazione era stata scarsa. Un millennio fa le cose cambiarono e gli europei ebbero sempre più bisogno di campi coltivati e di pascoli. L'avanzata veloce degli spazi coltivati e lo sviluppo dell'allevamento ovino intaccarono l'habitat naturale del lupo, il bosco, il suo rifugio più sicuro. Il nostro predatore si ritrovò inoltre con meno prede selvatiche a disposizione, cominciò a spingersi al di là dei suoi spazi abituali e divenne anche più aggressivo nei confronti delle greggi. Si diffuse anche il fenomeno della transumanza con milioni di pecore che si muovevano per il continente europeo. Questo modificò profondamente i comportamenti dei lupi, che vennero attratti da questa grande disponibilità di prede. Ma andare vicini alle pecore significava andare vicino agli uomini e quindi aumentò la possibilità di contatti anche pericolosi tra uomini e lupi".

Che cosa c'è di vero nella fama del lupo mangiatore di uomini?

"Quello che sappiamo oggi è che da più di cent'anni in Italia non sono registrate aggressioni di lupi nei confronti di esseri umani. Per i secoli passati ci sono fonti che enfatizzano oppure inventano aggressioni per motivi funzionali come accade in alcuni testi ecclesiastici scritti per alimentare la paura del lupo inteso come personificazione del Diavolo. Certamente poteva accadere che i lupi diventassero minacciosi perché spinti dalla fame aggredendo bambini e ragazzi lasciati soli a guardia delle greggi. Così come branchi potevano scorrazzare tra i feriti e i cadaveri dopo una battaglia. È però indubbio che il lupo prediliga gli animali selvatici non certo l'uomo come preda".

Nacque in questo clima l'immagine del lupo delle favole, quello di Cappuccetto rosso per intenderci?

"Come detto il lupo è l'immagine del Male nell'immaginario cristiano e questo alimenta certamente l'immaginario popolare. Da questo punto di vista, come spiego nel mio libro, il racconto di Cappuccetto rosso è emblematico. La favola nacque attorno all'anno Mille ed era abbastanza diversa da come la conosciamo oggi. Nacque come racconto per educare i giovani ai valori del cristianesimo. Nella versione originale, la bambina veniva rapita da una lupa che voleva darla in pasto ai suoi lupacchiotti. I piccoli però cominciarono a giocare con la bambina che così si salvò. All’epoca un cappuccetto rosso veniva fatto indossare ai bambini in occasione del battesimo e quindi la storia voleva indicare che il sacramento del battesimo protegge dal Male, dai lupi. Nel corso dei secoli la favola evolverà mantenendo però una costante: la funzione negativa del lupo".

Il lupo ne esce sempre male alla fine. È davvero impossibile una convivenza tra uomo e lupo?

"Vi è una diffidenza di fondo figlia di una semplice realtà: il lupo è il nostro alter ego. È il padrone dello spazio incolto mentre l'uomo è il signore degli spazi abitati e coltivati. La storia ci fa capire questa realtà, una realtà che può aiutarci a comprendere i lupi e può spingerci a non modificare determinati equilibri ambientali, non invadendo eccessivamente i loro spazi. Dal punto di vista del lupo, se i boschi sono pieni di fauna selvatica, questo animale avrà meno interesse a invadere i nostri".

Roberto Roveda
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