Nei libri di storia per la scuola è frequente leggere che fin dalla notte dei tempi gli uomini hanno osservato il cielo sia per ammirarne la bellezza, sia per carpirne i segreti. La giornalista Valeria Palumbo ci ricorda nel suo L'epopea delle lunatiche (Hoepli, 2018, pp. 146, anche ebook) che a osservare le stelle e lo spazio, anche in tempi antichissimi, sono stati certamente tanti uomini, ma non mancarono le donne, anzi. Sono, infatti, veramente tante le storie che incontriamo nel libro di Valeria Palumbo, che prende le mosse dalla più lontana antichità per giungere ai giorni nostri. Scopriamo così donne che sono state guardate con sospetto perché si dedicavano ad attività considerate esclusivamente maschili. Studiose che sono state ostacolate, nella libertà personale e in quella professionale, derubate delle loro scoperte, sfruttate e spesso costrette all'anonimato e al silenzio. Addirittura condannate o considerate maghe e streghe. Eppure queste studiose del cielo sono riuscite con la loro tenacia a imprimere sviluppi decisivi alla loro disciplina e al progresso dell'umanità. E hanno aperto la strada alle tante astronome, ingegnere spaziali e astronaute dei nostri giorni. Ma esiste un tratto comune che accomuna tutte queste astronome ribelli, come vengono definite nel sottotitolo del libro? Lo chiediamo proprio a Valeria Palumbo:

"Può sembrare paradossale parlando di scienza ma il tratto comune è la fantasia, l'immaginazione. La loro curiosità verso il cielo è attraversata da una grande fantasia anche se poi sono scienziate a tutti gli effetti soprattutto mano a mano che si avvicinano ai giorni nostri. Queste donne però avevano bisogno di immaginazione perché dovevano non solo osservare il cielo ma anche immaginarsi in una situazione che era insolita, inedita, addirittura considerata inappropriata per una donna. Dovevano quindi essere capaci di guardare lontano tanto che alcune di loro sono arrivate a scrivere di fantascienza probabilmente per questo disperato bisogno di un altrove fantasioso in cui le donne, un po' come Mary Poppins, potessero alzarsi in volo e guardare lontano".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Esiste una via prettamente femminile alla scienza?

"Personalmente credo che Bach si suoni bene o male e non vi sia una via maschile o femminile per farlo. Vale nella musica e vale nelle scienze. Detto questo è probabilmente vero che le donne hanno dovuto nel corso del tempo mettere in atto delle strategie di sopravvivenza che le hanno portate a sviluppare maggiore attenzione per determinati aspetti. Ho parlato recentemente con Marica Branchesi, astrofisica che ha coordinato il team che ha osservato le onde gravitazionali. Lei ha insistito molto sul tema di fare squadra, di creare una rete. Ha insistito sulla necessità di creare un ambiente in cui si appianino, anche con un sorriso, le diffidenze reciproche. Questa capacità di mediare non credo sia esclusivamente o naturalmente femminile ma faccia parte del bagaglio storico e culturale delle donne. Per loro mediare è diventato un talento".

Che tipo di donne sono le astronome ribelli che ha avuto la fortuna di incontrare?

"Donne amanti della bellezza perché per appassionarsi al cielo bisogna avere dentro di sé un forte senso estetico. Me lo hanno confermato Margherita Hack, Marica Branchesi e Amalia Ercoli Finzi, pur con parole diverse. Amalia Ercoli Finzi mi diceva che dobbiamo andare sulla Luna portando l’acqua ma nel bicchiere con l'acqua dobbiamo metterci dentro un fiore. Questo per dirci che la bellezza che c'è nella esplorazione scientifica deve trasformarsi in bellezza nell'utilizzo della tecnologia. La Ercoli Finzi è un ingegnere ma per lei scoperte e conquiste devono andare di pari passo con bellezza e contemplazione. Parlando della missione della sonda spaziale Rosetta, che per dodici anni è andata a caccia di informazioni nello spazio per l'Agenzia Spaziale Europea, mi ha detto che la cosa che le è seccata di più è che alla fine è atterrata su una cometa bruttina!".

Il libro si intitola L'epopea delle lunatiche, un titolo che dà l'idea di una grande impresa compiuta da queste donne. Oggi essere "lunatiche" è ancora un'impresa epica?

"È stata un'epopea perché per le donne riuscire anche solo ad accedere agli osservatori era veramente complicato. C'erano tutta una serie di divieti per quanto riguardava lo studio. Per esempio, le donne non potevano studiare latino e i testi scientifici un tempo erano scritti in latino. La danese Sophie Brahe, nel Cinquecento, riesce a studiare perché è ricca e può farsi tradurre i libri nella sua lingua. Insomma, è stata veramente un'epopea. Venendo all'oggi, le cose sono molto cambiate però alle donne vengono perdonate meno cose che invece sono tollerate facilmente negli uomini. Per esempio, non viene perdonato il carattere. Per giocare con il titolo del libro, essere lunatiche rimane qualcosa che non viene digerito facilmente. Una costante della storia è stata che i grandi uomini avevano spesso un carattere bizzarro, anche impossibile. È abbastanza normale in ambito maschile accostare genialità e sregolatezza. Se una donna ha un pessimo carattere può essere anche geniale ma la cosa viene ancora sottolineata. Il giorno in cui potremo permetterci di essere sia dei geni, sia delle persone bizzarre, stravaganti o di pessimo carattere sarà stato fatto un bel passo in avanti".
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