Tra nostalgie e revisionismi, apologie e stroncature, sono passati 50 anni dalla stagione irripetibile che ha visto protagonista un'intera generazione di giovani a tutte le latitudini al grido di "cambiamo il mondo", "è proibito proibire", "siamo realisti, pretendiamo l’impossibile!".

È un'onda che parte dalle università americane per dire no alla guerra in Vietnam e si propaga nella capitale francese, nelle altre città europee e poi arriva fino in Giappone passando attraverso i Paesi del blocco sovietico, mentre la storia fa il suo corso tormentato, tra la guerra psicologica dei due grandi blocchi e quella reale e sanguinaria nelle campagne vietnamite, l'omicidio di Martin Luther King e di Robert Kennedy, la strage messicana di Piazza delle Tre Culture e tanto altro.

Anche l'Italia vivrà il suo Sessantotto, con i giovani figli del boom intenzionati a svecchiare il Paese bigotto, ingessato e diviso dalle ideologie a suon di slogan, cortei e occupazioni. Dalle università alle piazze il vento sessantottino scuote il Belpaese, risveglia le coscienze e rompe i tabù, apre il dibattito sulla condizione femminile, la libertà sessuale, l'accesso democratico all'istruzione e il diritto alla partecipazione civile.

Studenti in corteo
Studenti in corteo
Studenti in corteo

Come altrove il movimento avrà un volto idealista e sognatore, e uno meno limpido e più arrabbiato, che qualche anno dopo trasformerà la rivolta delle parole in lotta armata contro il sistema e i suoi simboli.

Fallito o meno che sia, il movimento ha lasciato il segno nella storia nazionale, svecchiandola e rendendola più laica, aprendo la strada allo statuto dei lavoratori, alle battaglie femministe e alla modernizzazione della società italiana. Una stagione che in Sardegna avrà sì il volto delle occupazioni universitarie di Cagliari e Sassari, nel panorama di una protesta generale contro l'autoritarismo della macchina statale, in economia come nell’istruzione, ma anche quello delle mobilitazioni sindacali di operai, pastori, contadini e semplici cittadini tra Nuoro, Mamoiada, Orgosolo, Gavoi, Olzai, Baunei e soprattutto Pratobello, teatro di un serrato braccio di ferro tra abitanti, esercito e Governo nazionale per evitare l'impianto di un poligono militare.

Per ripercorrere quella stagione abbiamo raccolto le testimonianze di sei protagonisti sardi, intervistati per L'Unione Sarda tra ricordi personali e una revisione dell'esprienza che ha segnato la loro giovinezza e le loro vite successive.

(La prima delle sei interviste, che pubblichiamo da oggi con cadenza settimanale, è quella a Luciano Marrocu. La successiva, a Pietro Clemente, uscirà giovedì prossimo).

Barbara Miccolupi

(Unioneonline)

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L'INTERVISTA: 1 di 6)

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