Il 9 ottobre 1967, a Vallegrande, in Bolivia, muore Ernesto "Che" Guevara, la figura simbolo, insieme a Fidel Castro, della rivoluzione cubana.

A cinquant'anni dal fatto, Nadia Angelucci e Gianni Tarquini curano un volume, "Io e il Che", con testimonianze, foto e interviste attraverso le quali analizzano l'eredità lasciata oggi dal grande rivoluzionario.

Lo fanno tramite brevi ma incisive interviste con vari individui che hanno avuto a che fare con lui. Leggiamo, quindi, colloqui con autori quali Massimo Carlotto e Pino Cacucci, con rivoluzionari del tempo tra cui l'ex presidente uruguayano Pepe Mujica, con l'ex "calciatore-operaio" Paolo Sollier, e poi con docenti e intellettuali, con l'antropologo forense che, nel 1997, ha contribuito al riconoscimento dei resti del Che, con il biografo più noto di Guevara, Paco Ignacio Taibo II, e con Juan Martín Guevara, il fratello più giovane di Ernesto.

Ognuno di questi dialoghi ci racconta qualcosa di diverso. In alcuni casi, si tratta di persone che hanno interagito di persona con il Che. Oltre al fratello (più giovane di quindici anni), c'è chi ha lavorato con lui e chi l'ha incontrato solo di sfuggita, magari in occasioni pubbliche. L'unica cosa che accomuna tutti gli interventi - escluso, cosa importante, quello dell'antropologo forense dottor Carlos Maco Somigliana, che ha un approccio puramente scientifico - è il fatto che l'incontro con Guevara ha, in qualche modo, cambiato la vita dell'intervistato o dell'intervistata.

Da questo volume si riconosce l'importanza che la figura di Guevara ha avuto non solo tra coloro che si sono dedicati, in Sudamerica, alla lotta armata o a cercare di gestirne le conseguenze, ma anche tra chi ha cercato e spesso trovato altre strade, altri approcci al cambiamento, magari più pacifici e "intellettuali" ma ugualmente forti e convinti.

Il testo sarà presentato giovedì alle 18.30 al circolo Me-Ti di Cagliari (via Mandrolisai 60). Interverranno anche gli autori.
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