Il presidente dei Riformatori Sardi, Roberto Frongia, classe 1960, originario di Iglesias, avvocato, è alla guida della campagna referendaria pro insularità.

Come procede la raccolta delle firme?

"L'obiettivo delle 10mila firme necessarie è stato raggiunto, siamo a quota 18mila in appena 20 giorni. Un risultato ottenuto attraverso la mobilitazione in ogni angolo della Sardegna, con l'adesione di 600 amministratori locali e più di 90 sindaci. Da qui al 21 dicembre siamo pronti a coinvolgere l'intera comunità sarda, ponendoci come traguardo le 100mila firme. Riusciremo se sarà una battaglia di tutti, senza copyright personale o partitico, e mostreremo una Sardegna forte e coesa intorno alla difesa dei propri diritti".

Chi vi ha appoggiato?

"A oggi abbiamo un sostegno trasversale, che emerge anche dalla composizione dei due comitati: quello scientifico, a cui partecipano personalità come Paolo Savona, Gavino Sanna, Massimo Carpinelli e Giovanni Lobrano, Rita Dedola, Simonetta Sotgiu e ho difficoltà a non citare tutte le altre autorevolissime personalità. Poi c'è il comitato politico-organizzativo di cui fanno parte diversi Consiglieri regionali e parlamentari come Comandini, Deriu, Alessandra Zedda, Annamaria Busia ed Emilio Floris, per citarne solo alcuni".

I sardi hanno bisogno di questo referendum?

"Il tema dell'insularità ha perso validità con la riforma del 2001 al Titolo V della Costituzione sul rapporto tra Stato e Regioni, con cui il legislatore nazionale ha soppresso ogni riferimento al tema, livellando peraltro le specificità delle Regioni a Statuto Speciale. Bisognerebbe capire perché l'ha fatto".

E la Regione come ha risposto?

"Fino a oggi la Regione non ha avuto la forza per incidere, cosa che potrà fare se avrà dietro di se l'intera comunità sarda, al di là delle appartenenze politiche".

Ma le condizioni di svantaggio restano?

"L'esempio principe è quello della mobilità e dei trasporti: i sardi non viaggiano alle stesse condizioni degli altri italiani o degli europei e la continuità territoriale vale solo su alcune rotte, ma se gli isolani hanno delle emergenze non possono certo usare la macchina. Mi domando: le nostre opportunità sono uguali a quelle degli altri?".

Oltre al tema trasporti c'è dell'altro?

"Il tema logistico è solo l'esempio più immediato, ma le disparità vanno ben oltre, basterebbe chiedersi perché gli imprenditori sardi vengono trattati al pari degli altri imprenditori quando si parla di libera concorrenza, ma non hanno riconosciuto alcun privilegio legato allo svantaggio di operare su un'isola. Non chiediamo un trattamento privilegiato, ma deroghe fondate sul principio di uguaglianza".

Serve un riconoscimento costituzionale per ribadire questo gap?

"Il gap non si supera con una legge ordinaria e noi chiediamo che il principio sia inserito nella Costituzione per avere lo stesso diritto di cittadinanza degli altri italiani".

Storicamente già riconosciuto

"Il dibattito del '48 non a caso aveva inserito un riferimento alla condizione particolare delle due isole maggiori, anche se in Sardegna non è possibile progettare un ponte come in Sicilia. Ma non è solo questione di disparità strutturale, perché l'insularità si porta dietro questioni di identità, legate alla lingua e alla cultura. Aveva ragione Emilio Lussu quando spinse per avere uno Statuto pari a quello siciliano, ma una volta ottenuto il nostro non l'abbiamo usato al meglio".

Lo Statuto sardo è dunque superato?

"Su questo punto è all'acqua di rose. Noi vogliamo una vera autonomia per poter gestire al meglio le nostre risorse per il semplice motivo che la Sardegna, in quanto isola, fa storia a sé, con tutto ciò che comporta. L'insularità rappresenta l'incontestabile necessità per i sardi di organizzare il proprio assetto istituzionale e produttivo con un'autonomia di scelta assai più ampia delle altre Regioni".

Perché finora non è stato fatto?

"Alcune scelte sono state errate ed è evidente che noi sardi dobbiamo smetterla di sprecare risorse, ma va detto anche che gli accordi più recenti fra Stato e Regione sono sempre più a favore del primo e sempre meno della seconda. E poi c'è il dato di fatto che famiglie e imprese operano in condizioni diverse dal resto del Paese".

Non tutti però sono d'accordo

"I contrari devono mettersi in testa che noi siamo un'isola: trasporti, costi energetici, questioni fiscali e commerciali non hanno le stesse condizioni dei nostri connazionali. E poi vorrei sapere perché non posso sperare in un risarcimento per il lascito dello Stato alla nostra terra, in termini ambientali, di servitù militari, industriali e in generale economici".

L'Europa si è già espressa a favore

"Sì, ed è proprio dalle politiche di coesione europea che partono i fondi strutturali, ma nonostante i riconoscimenti dei Trattati di Amsterdam, Nizza e Lisbona noi non siamo riusciti, ad esempio, ad abbattere i costi dei trasporti o dello scambio di merci. E non siamo riusciti nemmeno con l'impegno e i risultati di tanti nostri parlamentari europei a cominciare da Mario Segni o in anni recenti Salvatore Cicu".

Il blocco è a livello nazionale?

“È il problema della gerarchia delle fonti: la Costituzione è al di sopra dei Trattati internazionali? Io sono convinto dell'identità costituzionale della Sardegna".

Cosa pensa della battaglia di Lombardia e Veneto?

"Credo che la prevista vittoria referendaria nella cosiddetta Padania inciderà comunque sulle politiche di coesione, perciò è tempo che noi pensiamo alla nostra Sardegna".

E adesso è l'ora della Sardegna?

"Sulla nostra iniziativa non hanno influito i referendum veneto e lombardo, né tantomeno quello catalano, nonostante i retaggi storici di luoghi come Alghero o Iglesias. E del resto la proposta era in gestazione da un anno, dopo tante discussioni con gli amministratori locali".

Barbara Miccolupi
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