Da circa vent’anni Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli sono tra i protagonisti della narrativa italiana. Nei loro romanzi, dove il noir si fonde spesso con il racconto d’atmosfera e d’ambiente, hanno raccontato in maniera insuperabile il mondo dell’Appennino, con i suoi boschi, le sue memorie che rischiano ogni giorno di più di scomparire, la sua umanità in bilico perenne tra passato e modernità, tra tradizione e globalizzazione.

Questi ingredienti di successo sono alla base anche di Tempo da elfi (Giunti, 2017, Euro 18,00, pp. 312. Anche Ebook), romanzo in cui ritroviamo il piccolo paese appenninico di Casedisopra, già altre volte palcoscenico delle loro fatiche letterarie, i suoi abitanti e i suoi ritmi antichi.

Qui, infatti, le stagioni scorrono lente e uguali tra la tabaccheria, la trattoria-bar, la caserma dei Carabinieri e quella della Forestale, gli spari lontani dei bracconieri e le sempre più rare famiglie di villeggianti. Ultimamente, però, qualcosa sta cambiando.

Tra i boschi e nelle frazioni isolate e abbandonate da tempo si muovono strani personaggi, uomini e donne che indossano abiti colorati e sandali, che vivono di pastorizia e di poca agricoltura. Che rifiutano le comodità della vita moderna come l’elettricità e l’acqua corrente.

Sono gli elfi e la gente li guarda con curiosità mista a sospetto, mentre il loro numero aumenta lentamente anno dopo anno e i boschi e i prati montani sono sempre di più il loro regno. Saranno gli elfi i nuovi padroni dell’Appennino, un Appennino oramai svuotato dei vecchi abitanti fuggiti per sempre in pianura?

È la domanda che si pone anche l’ispettore della Forestale Marco Gherardini, detto Poiana, fino a che due spari provenienti dal bosco non lo riportano alla realtà mettendolo di fronte a un interrogativo ben più pressante: chi ha ucciso il giovane elfo ritrovato cadavere sotto un dirupo?

Una domanda non semplice, che costringerà Poiana a indagare sulla gente che gli sta vicino da sempre e a scandagliare l’ambiente in cui si muove da tutta una vita.

Dovrà soprattutto scandagliare dentro se stesso e trovare la forza di prendere la via delle selve e dei prati per immergersi in un universo allo stesso tempo alieno e affascinante come quello degli elfi.

Troverà la verità senza perdersi nei boschi? La risposta, naturalmente, è nelle pagine di Guccini e Macchiavelli, dense e corpose come il vino rosso delle loro parti e calde come solo certi focolari di osteria antica sanno essere.

Pagine in cui la trama letteraria e l’intreccio noir divertono lo spirito, mentre la mente si ritrova a riflettere sui cambiamenti dei nostri tempi, sul tramonto del nostro mondo contadino nella totale indifferenza dei figli e nipoti di coloro che per generazioni hanno reso vivo l’Appennino, le sue terre, le sue selve.

L’Appennino che comunque pare non fare caso ai mutamenti ed è pronto ad accogliere nuova umanità, elfi, viandanti o migranti che siano, ed educarla ai suoi ritmi lenti, ai suoi profumi, ai versi dei suoi animali. Un Appennino che pare oggi sempre meno via Emilia e sempre più Far West, per parafrasare il titolo di un vecchio album proprio di Guccini.

Roberto Roveda
© Riproduzione riservata