Sono esuli, fuggiti dal giogo turco, passati per la Corsica e poi di nuovo raminghi. Le campagne alle spalle di Bosa sembrano perfette al re Carlo Emanuele III. Due piccioni con un solo, desolatissimo, luogo: si dà ospitalità a una colonia di oltre 150 persone guidata da famiglie nobilissime (Stefanopoli Comnemo, aristocrazia vera) garantendosi eterna riconoscenza e si rende un po' meno selvaggio e disabitato questo scorcio di Sardegna. Benvenuto al nuovo paese greco-sardo. Qualche dato obiettivo cambia però un po' i fatti: adesso siamo nel 1836, una manciata di anni dopo l'insediamento della colonia originaria del Peloponneso nell'Isola. Il generale Alberto La Marmora visita Montresta, c'è ampia documentazione. I greci? Spariti praticamente tutti. C'è solo una vedova e il sindaco (Passerò, il cognome attecchisce nella zona, deriva da Psaros). Due su oltre centocinquanta. E gli altri? Gli atti ritrovati nell'archivio della parrocchia qualcosa la svelano, accanto a tanti la definizione mortu de corpu de balla significa che lo sfortunato non è passato serenamente a miglior vita durante il sonno. «Ma non basta, c'è ancora tanto da spiegare, lo dobbiamo alle nostre origini. Io spero che lo storico Stefano Pira, che sta lavorando sul caso Montresta, ci aiuti a scoprire la verità».
© Riproduzione riservata