Nel 2012 aveva massacrato la propria madre a pugni finendola a colpi di roncola.

Era l'ennesimo scatto d'ira, per I.P., all'epoca dei fatti 29enne, contro M.C., 56 anni, sempre vicina a quel figlio schizofrenico con manie suicide.

Più preoccupata per la sua incolumità che per la propria, quel giorno si è trovata faccia a faccia con lui e non ha avuto scampo. Massacrata di botte, è stata finita a roncolate. Il figlio assassino ha tentato il suicidio con una mistura di farmaci, ma se l'è cavata.

Giudicato totalmente incapace di intendere, era stato ricoverato nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino, in Toscana. Nel 2015 il trasferimento nella Residenza per l'Esecuzione delle misure di Sicurezza (Rems), struttura sanitaria di Capoterra, dove ieri non deve aver retto al peso di ciò che aveva fatto e si è tolto la vita.

Una famiglia sfortunata

Una famiglia davvero sfortunata: il capofamiglia era morto avvolto dalle fiamme mentre tentava di spegnere un incendio in campagna. I due figli ne erano rimasti segnati; entrambi precipitati nel tunnel della droga. Il primo dei due, qualche anno prima del matricidio, si era tolto la vita gettandosi da un edificio a Bologna, città in cui si era trasferito nella speranza di sfuggire ai suoi spettri e paure.

Il secondo da anni soffriva di problemi psichiatrici, come diagnosticato dal Centro di igiene mentale di Castelfranco Veneto, città in cui aveva vissuto per sette anni con la mamma, fino al 2010, quando erano tornati a Mandas. Ma i litigi erano frequenti perché lei - per aiutarlo - gli negava i soldi per droga, alcol e videopoker.

Due anni dopo era stata picchiata dal ragazzo, subito allontanato dal paese per decisione del giudice e mandato in una casa famiglia di Gergei. Da qui era fuggito e la madre lo aveva riaccolto in casa. Poco dopo, lo stesso anno, la tragedia.

E ieri il triste epilogo.
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