Davanti al Gip è rimasto in silenzio Mario Diana, l'ex capogruppo del Pdl arrestato nell'ambito dell'inchiesta-bis sul presunto utilizzo illecito dei fondi ai Gruppi del Consiglio Regionale della Sardegna. "Il mio assistito si è avvalso della facoltà di non rispondere - ha detto appena uscito dal carcere l'avvocato Mariano Delogu - vogliamo analizzare le carte che sono state depositate ieri". Gli avvocati di Diana hanno presentato la richiesta di scarcerazione.

"Il nostro assistito ha raccolto il nostro suggerimento, avvalendosi della facoltà di non rispondere". Anche il consigliere regionale Carlo Sanjust (Pdl) ha scelto la strada del silenzio davanti al Gip, Giampaolo Casula. "Vogliamo analizzare le carte processuali di cui solo ieri abbiamo avuto modo di prender visione - hanno detto i suoi avvocati, Carlo Amat e Francesco Marongiu - ci siamo riservati di rispondere nel momento in cui avremo la conoscenza delle carte".

"Presenteremo istanza di riesame. Chiaramente l'attuale situazione in cui si trova il nostro assistito - hanno spiegato gli avvocati Carlo Amat e Francesco Marongiu che difendono il consigliere regionale Carlo Sanjust - non è consona a lui. Sta come si trova chiunque sia catapultato dalla propria famiglia, dai propri affetti in una situazione come quella carceraria. E' chiaramente molto giù, ma reagirà, passerà anche questa".

Anche l'imprenditore Riccardo Cogoni ha scelto di rimanere in silenzio davanti al Gip. Era stato arrestato due giorni fa nell'ambito dell'inchiesta-bis sul presunto utilizzo illecito dei fondi ai Gruppi del Consiglio Regionale della Sardegna, assieme ai consiglieri Carlo Sanjust (Pdl) e all'ex capogruppo Pdl Mario Diana. "Si è avvalso della facoltà di non rispondere su nostro suggerimento - hanno sottolineato gli avvocati Anna Maria Busia e Massimiliano Ravenna - dovremo studiare gli atti per decidere la strategia difensiva futura. Presenteremo questa mattina al Tribunale del Riesame la richiesta di scarcerazione o di modifica della misura cautelare". Una analoga richiesta di scarcerazione o modifica della misura cautelare sarà presentata anche dagli avvocati Mariano e Massimo Delogu che rappresentano Diana. Il consigliere non rimarrà a Buoncammino ma sarà trasferito nuovamente a Massama (Oristano).

Il primo ad entrare nel carcere di Buoncammino, dove si terranno gli interrogatori, alle 8,30 di ieri è stato l'avvocato Mariano Delogu che, assieme al figlio Massimo, difende Diana. Quest'ultimo è arrivato alle 8,40 a bordo di un cellulare trasferito dal carcere di Massama (Oristano) dove è detenuto. Successivamente sono arrivati gli avvocati Carlo Amat e Francesco Marongiu che rappresentano il consigliere Sanjust, e Anna Maria Busia che difende Cogoni. Pochi minuti prima delle 9,30 è giunto anche il Gip Giampaolo Casula e successivamente il sostituto procuratore Marco Cocco che coordina le indagini.

L'INCHIESTA - Intanto emergono nuovi particolari dell'inchiesta. Nelle 55 pagine dell'Ordinanza, firmata dal Gip Giampaolo Casula, che ha portato all'arresto dei tre, si fa chiaro riferimento al clima pesante che si viveva in Consiglio regionale durate le indagini e alle pressioni subite da alcuni fornitori.

"Dopo le ultime vicende giudiziarie che hanno visto il coinvolgimento dei consiglieri del gruppo Pdl in particolare e di tutto il Consiglio regionale della Sardegna - ha dichiarato uno dei dipendenti sentito nella fase investigativa - il clima a Palazzo si è fatto molto pesante, al punto che la tensione tra i vari onorevoli è molto evidente". Lo stesso dipendente dopo esser stato convocato dagli inquirenti sarebbe stato avvicinato o contattato da Diana e Sanjust che gli avrebbero fatto domande su cosa gli fosse stato chiesto. Ma non solo. Secondo quanto scrive il Gip ci sarebbero state delle vere e proprie pressioni nei confronti anche di soggetti esterni per coinvolgerli nella fase dell'occultamento delle risorse del gruppo fatte sparire: "Avendo la piena disponibilità di quelle risorse - ha scritto il Gip - e volendone occultare l'illecita appropriazione, Diana e Sanjust, non esitavano a coinvolgere soggetti esterni al Consiglio e al Gruppo. A tale fine, approfittavano del loro ruolo, con modalità almeno implicitamente ricattatorie, in quanto chi si fosse rifiutato di soddisfare quelle richieste avrebbe di certo perduto ogni opportunità di lavoro con il Gruppo consiliare. Nello stesso tempo compromettevano, all'esterno e senza alcuno scrupolo, la dignità del Consiglio regionale e del loro mandato elettivo".
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