Ci sono Paesi in cui la democrazia fa così paura che la chiamata alle urne di circa 9 milioni di elettori può scatenare un'esplosione di violenza talmente generalizzata da registrare l'uccisione di almeno 10 dei candidati e la chiusura di svariate sedi di voto per il rischio di attentati.

Se a questo si aggiunge la presenza minacciosa dei talebani che aleggia in molte aree del Paese e il timore di brogli, l'appuntamento di sabato prossimo diventa un vera e propria sfida, tanto più se si pensa che la consultazione viene rimandata da tre anni.

Il timore, poi, è che in un tale contesto venga meno l'affluenza necessaria inficiando un processo democratico già piuttosto complicato, che da 17 anni cerca di riportare alla stabilità l'Afghanistan.

A contendersi i 250 seggi nella Camera bassa del Parlamento - la Wolesi Jirga - sono in lizza più di 2.500 candidati, tra mullah, figli di ex signori della guerra, medici, figure dal passato controverso e centinaia di donne.

Per molti di loro arrivare in fondo alla campagna elettorale segnata dalla violenza e dalle minacce di talebani e jihadisti sarebbe già una vittoria, e per le donne l'affermazione di un principio tutt'altro che scontato: quello della partecipazione alla vita civile del proprio Paese. Tra loro anche Fareshta Farrah, vice-presidente del Comitato olimpico nazionale e attivista in favore delle donne, che sta tentando di fare campagna elettorale puntando solo sulla propria onestà e sul rapporto diretto con i cittadini, senza finanziamenti o appoggi poco limpidi: "Sono convinta che la gente sappia riconoscere i candidati onesti da quelli corrotti e che, nonostante tutto, il voto serva davvero".

(Unioneonline/b.m.)

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