Ospitali, ci definiscono, noi sardi.

O, almeno, ci piace pensare sia così. Perché più ci si guarda attorno, in questa strana estate, più si colgono contraddizioni in tema di accoglienza (dei turisti).

Domenica scorsa, alimentando un bel dibattito, abbiamo evidenziato la distinzione, sul fronte dei parcheggi al mare, tra residenti e non.

Con solide argomentazioni dagli schieramenti opposti. Nelle nostre Cronache, nei giorni scorsi, abbiamo anche avuto il piacere di raccontare un fenomeno in crescita nell'Isola, i matrimoni fuori dal Comune. Scoprendo che, anche qui, esiste un tariffario discriminante. Un'altra operazione antipatia. Se una coppia di residenti a Iglesias (o anche solo il marito o la moglie) si sposa a Porto Flavia, spende da 400 a 450 euro, dipende dal giorno indicato, feriale o prefestivo. Una coppia di milanesi, invece, per la stessa location, è chiamata a sborsare tra 1.800 e 2.000 euro.

Per la terrazza del Bastione, a Cagliari, o anche sulla sabbia del Poetto, una coppia di forestieri spende 1.200 euro. C'è uno sconto di 400 euro per i residenti, ma anche (ed è bella decisione della Giunta Zedda) per gli emigrati. Funziona così in tutta la Sardegna, con differenze più o meno sostanziali. Sposarsi nella spiaggia di Nora costa ai pulesi, il sabato e la domenica, 550 euro. Mille euro per il resto del mondo.

Viene da pensare che ci sia un obbligo di legge, il codicillo di un testo unico, una qualche diavoleria burocratica che imponga la disparità di trattamento tra residenti e non.

Invece no, è tutto e solo a discrezione delle amministrazioni comunali. Tant'è che il sindaco di Abbasanta Stefano Sanna non ha chiesto un euro per celebrare personalmente un matrimonio, l'altro sabato, nello splendido scenario del nuraghe Losa. Con un bel ritorno d'immagine per il paese e per l'Isola tutta.

Sia chiaro: allestire una cerimonia fuori dalle stanze del Municipio ha dei costi. Tavolo, sedie, gazebo, impianto audio, ma anche le ore di straordinario da pagare ai funzionari comunali, soprattutto per le nozze civili nel weekend. Non è in discussione la legittimità di avere un tariffario.

Quello che appare meno comprensibile (almeno per chi scrive) è perché l'allestimento arrivi a costare anche il doppio per i non residenti, a parità di spese per le casse pubbliche.

C'è qualcosa che non torna. Non è stata forse Mamma Regione, a più riprese, a caldeggiare l'immagine della Sardegna terra della felicità e meta ideale per dirsi sì in tutte le lingue del mondo? Chi, dal Giappone o dal Veneto, decide di convolare a nozze nelle nostre latitudini, si porta dietro amici e parenti. Che soggiornano in un hotel, spendono per quel ristorante, magari tornano a casa con un souvenir.

Lasciando un po' di valore aggiunto in Sardegna e non a Osaka o a Bassano del Grappa. Invece di premiare chi ci sceglie, gli diamo la mazzata. Sarà perché dal mare, nei secoli dei secoli, sono arrivate spesso brutte sorprese. Di sicuro, in questa magica Isola che ha pronto (alla buonora...) un piano strategico per l'industria delle vacanze, forse non siamo poi così bravi a dare lezioni di ospitalità.
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