Mentre la diplomazia internazionale cerca di scongiurare l'attacco finale del regime siriano a Idlib, ultima roccaforte nel Paese degli oppositori al presidente Bashar al-Assad, i ribelli del Fronte nazionale di liberazione hanno fatto esplodere due ponti che collegavano il territorio alla provincia di Hama - sotto controllo governativo - nel tentativo di ostacolare la possibile offensiva dell'esercito.

Nelle scorse settimane il governo ha ammassato truppe intorno alla regione nord-occidentale al confine con la Turchia, in vista di un'offensiva con il supporto dell'aviazione della Russia.

L'Onu ha messo in guardia da quella che potrebbe trasformarsi in una "catastrofe umanitaria, in caso di operazioni militari su vasta scala", come ha dichiarato il segretario generale del Palazzo di vetro Antonio Guterres, che teme l'ipotesi di un utilizzo di armi chimiche.

L'inviato di pace delle Nazioni Unite per la Siria Staffan de Mistura ha inoltre fatto sapere di essere pronto a recarsi personalmente nella città per creare un corridoio umanitario, che permetta ai civili - sono circa 3 milioni le persone che abitano nella zona - di essere evacuati in caso di un'azione militare.

La Russia, che da anni sostiene il governo siriano nel conflitto in corso, è pronta a lanciare l'offensiva, offrendo piena copertura aerea alle forze di terra, composte da truppe regolari di Damasco e da milizie ausiliarie, incluse quelle filo-iraniane.

Il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, ha chiarito che è necessario "liquidare" gli jihadisti a Idlib, augurandosi che l'Occidente "non intralci le operazioni anti-terrorismo".

Secondo il Cremlino, la provincia di Idlib è "un covo di terroristi", perché controllata per il 60% da Hayat Tahrir al-Sham, un gruppo guidato dall'ex ramo siriano di al-Qaeda, e nella zona operano anche altre fazioni di ribelli islamisti.

Sarebbero inoltre presenti cellule dormienti dello Stato Islamico e alcuni avamposti turchi voluti dal presidente Erdogan.

(Unioneonline/F)

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