Con 7 voti di scarto il Senato argentino ha bocciato la proposta di legge che avrebbe reso legale l'aborto entro la 14esima settimana inserendolo nel programma medico obbligatorio, come prestazione di base, sicura e gratuita.

A convincere al cambio di passo legislativo non sono bastate né la campagna politica né l'enorme mobilitazione della gente pro aborto.

E ora, per chi ricorra all'aborto resta la minaccia del carcere con l'accusa di omicidio, salvo nei casi in cui le donne siano state vittime di stupro o sia in gioco la la loro vita.

La battaglia delle attiviste di "Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito", avviata a metà anni 2000, ha sottoposto al Congresso varie proposte di legge, tra cui anche quella appena bocciata dal Senato che prevedeva la possibilità di abortire entro la 14esima settimana, o oltre nei casi di rischio per la salute della madre, gravi malformazioni del feto o gravidanza procurata da una violenza sessuale.

La discussione sul tema aveva letteralmente spaccato in due il Paese, ma persino il presidente Mauricio Macri, personalmente contrario all'aborto, aveva garantito che non si sarebbe opposto in caso di decisione positiva del Parlamento.

Al di là delle considerazioni etiche o politiche in merito, restano i numeri impressionanti legati agli aborti clandestini nel Paese, oltre 350mila ogni anno secondo il ministro della Salute Adolfo Rubinstein, oltre alle morti provocate da interventi poco sicuri e ai ricoveri per le complicazioni correlate, 47mila nel solo 2017.

(Unioneonline/b.m.)
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