È una soleggiata giornata d'estate a Cagliari quando Valentina Zedda e le sue colleghe, invece di andare al mare per godersi la fine della sessione estiva, hanno deciso di scendere in piazza per il loro futuro.

Valentina ha 23 anni, è di Oristano e studia Scienze della formazione primaria all'università del Capoluogo. È al quarto anno, quasi al termine dunque del corso di laurea quinquennale che fra pochi mesi dovrebbe proiettarla nel mondo che ama, quello dell'insegnamento.

Dovrebbe, perché al di fuori dall'universo dorato che è un ateneo, con le sue centinaia di ore di insegnamento, trenta esami e 22 laboratori a obbligo di frequenza, la aspetta una vera e propria battaglia, a colpi di sentenze, di ricorsi, di rivendicazioni.

Al centro della questione i diplomati magistrali, o meglio i "ricorsisti". Un esercito, come spesso viene definito, di 50mila persone che, spiega Valentina a UnioneSarda.it, "dopo aver conseguito un diploma magistrale entro il 2001, sono riuscite ad accedere alla prima fascia e a insegnare, senza essere andate all'università né aver fatto il concorso. La loro posizione oggi è incerta, e la nostra ancora di più".

In che senso incerta?

"I ricorsisti, grazie appunto a un meccanismo tortuoso che ha permesso loro di restare in prima fascia con un'abilitazione, quella appunto del diploma entro il 2001, ma senza il concorso, stanno protestando per mantenere la cattedra a tutti i costi. A dicembre 2017 una sentenza del Consiglio di Stato ha decretato la loro uscita definitiva dalle graduatorie ad esaurimento, proprio per il principio secondo cui il 'diploma magistrale, se pur conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, rimane titolo di studio idoneo a consentire la partecipazione ai concorsi ma di per sé non consente, e non ha mai consentito, l’accesso alle graduatorie permanenti, oggi ad esaurimento'".

Quindi adesso lasceranno le loro cattedre?

"Probabilmente no, perché il Decreto Dignità appena varato dal governo, vista l'emergenza, ha congelato la situazione per 120 giorni per permettere il regolare svolgimento dell'anno scolastico 2018/2019. Ma per ogni posto occupato da un ricorsista, c'è un precario storico, laureato o diplomato, che ha superato il concorso nel 2012 o nel 2016 e ancora aspetta una cattedra".

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Dunque cosa proponete, un licenziamento collettivo?

"Assolutamente no, anzi, è ora che si smetta di far passare questo messaggio. Uscendo dalle Gae, le graduatorie ad esaurimento, i ricorsisti tornerebbero nelle graduatorie di istituto in seconda fascia. In sostanza, continuerebbero a lavorare, ma con le supplenze. Seguendo esattamente l'iter di tutti coloro che non hanno fatto o superato il concorso. Di occasioni ne hanno avute: potevano iscriversi all'università, hanno avuto a disposizione almeno sei cicli, o partecipare ai concorsi del 2012 o del 2016. Addirittura ora vorrebbero una sanatoria".

Ossia?

"Una sorta di 'condono', che permetta la loro immissione in ruolo ufficiale, creando un intasamento che - in pratica - renderebbe necessario chiudere la mia facoltà. E non solo a Cagliari ma in tutta Italia, con tutti i suoi 40mila studenti. Sa cosa mi hanno risposto quando ho incontrato i ricorsisti? 'Non ho studiato finora, dovrei mettermi a studiare adesso che ho una certa età?'. E tutte le colleghe più grandi di me, madri di famiglia, che ho in classe? Io credo che anche questo atteggiamento sia alla base della svalutazione del ruolo del docente".

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Cosa intende?

"Oggi si crede che gli insegnanti siano quelli che lavorano poco durante l'anno e vadano in ferie per tre mesi. Tutto qui. I docenti sono molto altro: sono coloro che si prendono cura degli allievi, considerando il loro graduale livello di apprendimento e delle loro situazioni familiari, a volte particolari. Sono coloro che danno ai bambini un supporto emotivo e cognitivo. Il futuro di un Paese è strettamente collegato alle scuole. È un lavoro che ti coinvolge anima e cuore, totalmente".

Lei in che scuola crede?

"Io, e altre migliaia di studenti come me che fanno parte del coordinamento nazionale di Scienze della formazione primaria, credo in una scuola di qualità, popolata da docenti adeguatamente formati e aggiornati. Vogliamo che la sentenza del Consiglio di Stato, un organismo così importante, venga applicata ancora prima dei 120 giorni previsti dal Decreto Dignità, o cadrà in prescrizione. La meritocrazia deve vincere, è un nostro diritto. E dei nostri allievi".

Angelica D'Errico

(Unioneonline)

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