"Mi sono rotta di questo posto di m...". È la mattina del 9 maggio 2012, una 43enne - invalida civile al 67% - residente a Forlì pubblica un post su Facebook per lamentarsi della continua modifica degli incarichi che le vengono assegnati dall'azienda in cui lavora.

Quel post - poi rimosso inutilmente - le costerà il licenziamento. Tra i tanti che lo vedono infatti c'è anche il titolare dell'impresa, che si rivolge ai suoi avvocati e decide di licenziarla.

In maniera legittima, ha deciso ora la Cassazione, stabilendo che quel post è "diffamatorio" e che quello della donna è un licenziamento "per giusta causa".

"I social - spiegano i magistrati - sono uno spazio pubblico in cui i contenuti diffamatori possono trovare un vasto eco". E il post avrebbe fatto venir meno "il vincolo fuduciario che deve esistere tra azienda e dipendente".

La donna, a cui avevano già dato torto il tribunale di Forlì e la Corte d'Appello di Bologna, non verrà né risarcita né integrata.

(Unioneonline/L)
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