Oggi come ieri. Oggi come dieci anni fa. Le donne continuano a morire per mano assassina, le cronache traboccano di violenza di genere, maltrattamenti, soprusi. Femminicidi.

Come quello di Dina Dore, assassinata e rinchiusa nel cofano della sua auto il 26 marzo, proprio dieci anni fa.

Due gradi di giudizio hanno detto che a commissionare il delitto fu il marito, Francesco Rocca, condannato all'ergastolo e ora atteso dall'ultimo appuntamento processuale in Cassazione. Udienza il 20 aprile.

Già definitiva invece la sentenza contro l'esecutore materiale del delitto, Pierpaolo Contu, di Gavoi, minorenne all'epoca dei fatti, cui i giudici hanno inflitto sedici anni di reclusione.

LA MEMORIA - La parola d'ordine oggi è non dimenticare. Con i fatti e con la testimonianza. Dina Dore rivive in una sala del Consiglio regionale che porta il suo nome e ieri è stata ricordata in un convegno dal titolo "Donne uccise: una ogni 60 ore".

L'appuntamento - affollatissimo, circostanza importante per Gavoi - è stato voluto dall'associazione "Laboratorio Sardegna di dentro" e dal suo presidente Gavino Maoddi.

Tra le attiviste c'è Giulia Zurru, figlia di Graziella Dore, la sorella dell'uccisa. "È successo dieci anni fa - dice - ma sembra che non sia passato neanche un giorno, visto ciò che sta accadendo negli ultimi tempi".

Una barbarie senza fine. "Gli ultimi fatti raccontano di una storia che purtroppo continua", dice Anna Maria Busia, relatrice al convegno insieme all'ex parlamentare Caterina Pes. "L'unico antidoto è quello culturale. Lavoro a tutto campo, su ogni fronte, dal linguaggio dei media a ciò che possono fare le forze dell'ordine".

Occorre adottare ogni iniziativa possibile perché il sacrificio delle donne condannate al martirio, in tempi recenti e lontani, non passi invano.

IL DELITTO - Dina Dore venne trovata morta nel bagagliaio della sua auto, legata mani e piedi e soffocata con del nastro adesivo. La scoperta avvenne nel garage della casa di famiglia.

Gli investigatori, non trovando alcuna traccia della donna in casa, in principio pensarono a un sequestro di persona, cui scamparono in tempi passati anche i suoceri della donna.

Alcune ore dopo, quando decisero di aprire il cofano della macchina, trovarono il cadavere. Le indagini della Dda di Cagliari approdarono a un esito agghiacciante: il mandante del delitto era il marito.

Tonio Pillonca

IL RACCONTO DELL'OMICIDIO DORE:

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