Il gip Antonella Minunni ha spiccato un mandato d'arresto nei confronti di tre persone responsabili del rapimento dei quattro tecnici italiani della Bonatti, avvenuto in Libia nell'estate del 2015 e conclusosi, dopo otto mesi di prigionia, con la morte di Salvatore Failla e Fausto Piano, sardo di Capoterra.

I tre accusati, che si trovano già in carcere a Tripoli per altri reati, sono stati raggiunti dall'ordinanza del gip romano nella loro cella. Si sono dichiarati appartenenti all'Isis e hanno ammesso di aver organizzato il rapimento per finanziare lo Stato Islamico.

Si tratta di Youssef Aldauody, autista incaricato del trasporto dei quattro dipendenti, e di due suoi complici, Ahmed Dhawadi e Ahmad Elsharo.

I FATTI - L'autista avrebbe organizzato il sequestro il 19 luglio 2015, durante il trasporto dei quattro tecnici dalla Tunisia al cantiere libico di Mellitah, coinvolgendo i due complici arrestati oggi e un'altra decina di persone. Il 2 marzo successivo il blitz delle forze di sicurezza libiche e la tragica sparatoria in cui morirono Salvatore Failla e Fausto Piano. Gli altri due italiani rapiti - Filippo Calcagno e Gino Policardo - rimasti soli, riuscirono a liberarsi e a fuggire. La sparatoria del 2 marzo avvenne durante il trasporto dei quattro tecnici in un altro covo.

Gli arresti arrivano al termine di una lunga e articolata indagine: secondo chi indaga gli altri responsabili del sequestro sono morti, in parte nella sparatoria del 2 marzo, in parte in altri blitz delle forze di sicurezza di Tripoli.

FAUSTO PIANO - Originario di Capoterra, Fausto Piano aveva 61 anni: sposato, lavorava per la Bonatti di Parma dal 1991, in particolare come supervisor.

Da pochi giorni aveva fatto ritorno a Tripoli dopo una vacanza a Djerba, in Tunisia, e a Cala Gonone, nella sua amata Isola.

L'ACCUSA A 5 DIRIGENTI DELL'AZIENDA - La vicenda ha portato anche all'accusa - ora al vaglio del gup - di cinque dirigenti della Bonatti nell'ambito di un'altra tranche dell'inchiesta. Quel rapimento secondo chi indaga si sarebbe potuto evitare, se l'azienda avesse messo in atto le misure di sicurezza previste per chi lavora in quell'area. I manager sono accusati di "cooperazione colposa nel delitto doloso": si tratta del presidente dell'azienda, del responsabile per la Libia Dennis Morson e di tre membri del consiglio d'amministrazione.

(Unioneonline/L)

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