Michelle Delmiglio, 32enne di Salò, è una ragazza innamorata della Sardegna. Una terra cui è indissolubilmente legata perché ha dato i natali a sua madre, e dove conta di tornare presto per costruirsi un futuro e una vita che abbiano un'unica parola d'ordine: normalità.

Una normalità che parte da un riconoscimento forse piccolo, ma che per lei significa tutto: una "F"al posto di una "M" sui documenti d'identità, e come recentemente stabilito dal Tribunale di Brescia in una sentenza che ha aperto la strada a molte altre persone che, come lei, "vivono" in un corpo che non sentono proprio.

Michelle, infatti, è il primo caso nel Bresciano e fra i primissimi in Italia di un transessuale cui viene riconosciuto il cambio di sesso pur senza alcun intervento chirurgico. Una disposizione che prevede la rettifica dell'atto di nascita e di qualsiasi altro documento anagrafico, di modo che dove è scritto "sesso maschile" si legga e intenda "sesso femminile".

Una sentenza che dà nuove speranze a chi, come lei, è vittima di pregiudizi per una situazione in cui non esistono colpe. E che racconta a L'Unione Sarda.

"Nasco come Riccardo – spiega - il 29 dicembre 1985. Mia mamma, originaria della provincia di Cagliari, mi mette al mondo dopo un travaglio infinito, terzogenita dopo una femminuccia e un maschietto; il papà è un autorevole uomo dell'Arma: fra loro è scoccato l'amore in occasione del servizio di leva di papà in Sardegna. Io cresco in un piccolo paesino del Bresciano affacciato sul lago di Garda, dove mio padre è stato trasferito per via del lavoro".

Come è stata la sua infanzia?

"I ricordi sono ormai lontani, ma ho ben chiaro come sin dalla più tenera età io mi sia sentita a tutti gli effetti donna, e non uomo. A sei anni partecipavo alle feste del paese vestita da majorette, adoravo vestirmi in abiti femminili. Per Santa Lucia, una festa molto sentita nella mia famiglia, chiedevo in dono bambole e Barbie".

Quando inizia a prendere coscienza della propria sessualità?

"A 13 anni arriva la svolta, mi innamoro di un ragazzo e capisco così di essere gay. Un'infatuazione innocente, come quelle che accadono a quell'età, ma lo scrivo in un tema e i professori convocano i miei genitori. La cosa diviene di pubblico dominio e divento vittima di scherno e discriminazione, purtroppo non solo da parte dei compagni. Sono malvista dai miei professori, e a fine anno arriva la bocciatura".

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La discriminazione l'ha poi inseguita anche negli anni a venire?

"Alle superiori mi iscrivo ad un istituto d'arte della zona. Metto nello studio tutto l'impegno che posso, ma non riesco a nascondere la mia femminilità ormai prorompente. Non capisco più cosa sono, mi sento una persona in un corpo di un'altra, e nel tempo libero metto la parrucca e mi travesto da donna:solo così riesco a sentirmi a mio agio. I miei compagni mi allontanano, sono anche forse troppo giovani per capire quanto mi sta accadendo. Disperata lascio gli studi, uno dei più grossi rimpianti della mia vita".

Quando comincia il percorso verso il cambio di sesso?

"Una sera, travestita da donna, esco in motorino e faccio un grave incidente. Finisco al pronto soccorso e a prendermi arriva mio padre, che mi vede così agghindata per la prima volta. Avevo solo 15 anni. Il papà, uomo tutto d'un pezzo e comandante di una stazione dei carabinieri, mi guarda e non dice una parola. Ma capisce il mio stato d'animo, e da allora combatte al mio fianco nella battaglia verso il raggiungimento di ciò che davvero voglio essere".

Quali sono state le tappe successive?

"A 16 anni inizio a prendere gli ormoni per sviluppare il nuovo sesso, e a 18 mi spunta il primo seno. Seguono alcuni interventi chirurgici, interamente pagati dai miei genitori. Chiedo poi il cambio di nome alla prefettura, un iter lunghissimo per trasformare quel Riccardo in Michel, nome che in italiano è neutro e mi consente quindi di evitare la discrepanza fra una sembianza totalmente femminile e un nome maschile. Mi affido quindi alle cure del dottor Maurizio Bini al Niguarda di Milano: lì esiste un reparto appositamente dedicato alla 'disforia di genere', più comunemente detta disturbo dell'identità di genere. Affidarsi ad esperti di questo tipo è fondamentale perché per ottenere il cambio di genere dal tribunale è necessario presentare una perizia endocrinologica, una perizia psicologica ed una psichiatrica. L'istanza viene presentata dal mio avvocato, la dottoressa Maddalena Biffi, nel settembre scorso, e il 2 di gennaio la sentenza che aspettavo da una vita: il cambio di genere è stato accettato perché 'l'essere donna può essere una condizione psico-fisica ed un riconoscimento sociale della propria situazione, al di là dei dettagli anatomici".

Ci racconta qualcosa del suo legame con l'Isola?

"Come detto la Sardegna è la terra di mia madre, la medesima dove i miei genitori si sono conosciuti e innamorati. Ho trascorso quasi due mesi, lo scorso autunno, in provincia di Cagliari, e ho apprezzato il grande rispetto dei sardi verso i transessuali: mai ho ricevuto una battuta cattiva, uno sguardo di disapprovazione, un commento sul mio modo di essere. Episodi che in passato e altrove, mi spiace dirlo, sono invece stati all'ordine del giorno. È questo il motivo per cui, dopo aver ricevuto il nuovo codice fiscale, desidero trasferirmi in Sardegna. Ho ancora la casa di mamma, e da lì voglio ripartire per costruirmi un futuro".

Michelle sulle spiagge della Sardegna
Michelle sulle spiagge della Sardegna
Michelle sulle spiagge della Sardegna

A proposito del lavoro, qual è la situazione per chi, come lei, vive un percorso di cambiamento di genere?

"Le dico sinceramente che trovare un lavoro, per chi come me a un nome e sembianze femminili accompagna un codice fiscale maschile, è terribile. Più volte ho superato brillantemente colloqui di selezione per poi sentirmi dire, al momento della firma del contratto: 'Ma quindi lei è un uomo? Ah, le faremo sapere'. E poi il nulla. Gli unici lavori che sono riuscita a fare sono di barista, lavapiatti, e a volte commessa, ma a me va bene così. Ho voglia di lavorare, e sono pronta ad accettare anche gli incarichi più umili".

Michelle guarda dunque al futuro con grande fiducia ed entusiasmo, e con la solarità della terra sarda in cui vuole costruire il proprio domani. "Nella mia vita voglio finalmente avere ciò che sino ad oggi mi è stato negato – conclude - un lavoro e, perché no, anche un fidanzato e una nuova famiglia".

Chissà che la Sardegna non riesca a farle questo straordinario regalo.

Virginia Lodi

(Unioneonline)
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