Francesco Pischedda era un agente di polizia di 28 anni che, l'anno scorso in provincia di Lecco, è morto mentre inseguiva un ladro.

Precipitato da un cavalcavia alto sette metri, era rimasto a terra in attesa dei soccorsi "per un'ora e mezza", è emerso dalle indagini, mentre il malvivente, ritenuto in condizioni peggiori, aveva avuto priorità.

Ora la Procura ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo e omissione di soccorso.

"L'Amministrazione - scrive il Coisp, sindacato indipendente di polizia - deve costituirsi in giudizio. Quella era una tragedia che si poteva evitare".

Domenico Pianese, segretario generale del sindacato, parla di un dolore "insopportabile e un’indignazione sconvolgente, perché non solo la morte del giovane collega avrebbe potuto e dovuto essere evitata con una diversa dotazione di servizio, ma oggi porta con sé anche l’orrenda ipotesi che questo eroico servitore dello Stato sia stato lasciato morire".

"La vita di un poliziotto - aggiunge - deve valere più del poco che, al momento, sembra valga per alcuni".

Pischedda, originario di Bosa, "è rimasto vittima della violenza di un fuggitivo cui ha reagito con le sue sole mani. Un taser o un banale spray avrebbero reso innocuo l’aggressore senza che questo costasse la vita a un poliziotto, e ovviamente anche l’arma di ordinanza avrebbe potuto impedirne il decesso. Ma, come purtroppo non è certo un mistero, i poliziotti devono fare i conti con la paura di morire o, se si difendono, di finire sul banco degli imputati. Una paura dettata da un sistema che non li tutela e non fa nulla per alimentare la continua 'caccia alle divise'".

Nel 2014 l'agente sardo era stato premiato con la lode per il suo lavoro e solo nove mesi prima di morire era diventato padre di una bimba.

(Unioneonline/s.s.)

LA MORTE DEL POLIZIOTTO:

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