"È successo che sono andato di dietro e le ho infilzato il coltello in testa. Poi con delle pietre le ho frantumato la testa".

È un interrogatorio da brividi quello di Lucio, il diciassettenne reo confesso dell'omicidio della fidanzata Noemi Durini a Specchia (Lecce).

Stando al suo racconto, andato in onda su Quarto Grado, i due quella sera del 3 settembre erano usciti insieme sulla litoranea di Leuca. "Poi lei ha detto 'beh, andiamo' e ci siamo fermati in una campagna. Abbiamo avuto un rapporto".

"Siamo scesi dalla macchina, lei ha cominciato a gridare 'no noi dobbiamo ammazzarli, noi dobbiamo ammazzarli' e come ha fatto in passato prendeva comando su di me", ha detto, riferendosi al fatto che la ragazza secondo la sua testimonianza aveva più volte manifestato l'intenzione di voler uccidere i genitori di lui, "colpevoli" di ostacolare la relazione.

"Ha cominciato a spingermi, a graffiarmi, a fare cose così. E io da là non ci ho visto più. L'ho lasciata stesa e ho messo solo delle pietre sopra. In quel momento non capivo niente".

POI LA LETTERA - Il 3 gennaio, dopo l'interrogatorio andato in onda su Quarto Grado, il 17enne - oggi rinchiuso nell'istituto minorile di Quartucciu - ha scritto una lettera di tre pagine nella quale ha ritrattato tutta la versione dei fatti.

I due, si legge nella lettera, in quella campagna di Castrignano del Capo in cui Noemi è morta non erano soli. Li aveva raggiunti Fausto Nicolì, in auto, l'uomo che avrebbe consegnato alla sedicenne una pistola, con la quale lei avrebbe voluto assassinare i genitori di Lucio.

Ne sarebbe scaturita una discussione, che avrebbe poi spinto Nicolì a uccidere Noemi con una coltellata.

(Unioneonline/D)

L'INTERROGATORIO:

IL TRASFERIMENTO A QUARTUCCIU:

© Riproduzione riservata