Giorgio Reciso, Joelle Maria Demontis e Marta Dessì da metà luglio condividevano la stanza di un appartamento in via dei Donoratico.

L'uomo aveva avuto una relazione con Demontis (si erano conosciuti alla Caritas, dove lui lavorava e lei si recava spesso), ma più recentemente si era legato a Dessì.

Da quando erano andati a vivere tutti insieme però il 40enne aveva mostrato la sua indole manesca.

Più volte aveva picchiato la compagna e l'altra coinquilina, tanto che il 3 settembre scorso Dessì per proteggersi il volto aveva subito la lussazione del braccio sinistro e la frattura del dito medio destro.

OMICIDIO - Cinque giorni dopo, la nuova esplosione d'ira aveva avuto conseguenze irrimediabili.

Demontis era stata sentita in caserma su alcuni presunti episodi di violenza commessi dall'uomo nell'ente benefico, ma la versione resa ai carabinieri non aveva soddisfatto Reciso, che correva il rischio di veder crollare la sua tesi.

Così, ecco le botte. Immediate, pesanti, ripetute.

Fino a quando la vittima era stramazzata sul pavimento.

Resosi forse conto delle possibili conseguenze, il 40enne aveva provato a rianimarla.

Senza successo. Eppure l'allarme, che magari poteva salvarle la vita, era stato lanciato a distanza di ore. Il corpo ormai senza vita era stato trovato alle 3,30 del mattino.

"È STATO LUI" - È il resoconto puntuale di Dessì su quanto avvenuto due mesi e mezzo fa tra le 18 e le 20 in quell'abitazione.

"E stato lui, è colpa sua. È un pazzo criminale".

Dichiarazioni rese al pm Daniele Caria qualche settimana fa e ribadite ieri in Tribunale nell'incidente probatorio davanti al giudice delle indagini preliminari Giovanni Massidda.

La ragazza, 26 anni, accusata di omicidio volontario in concorso col convivente (erano entrambi in casa quel giorno), ha parlato nell'aula della Corte d'assise assistita dall'avvocata Guendalina Garau e protetta da un paravento mentre il 40enne ascoltava, nervoso, nella gabbia per i detenuti a pochi metri da lei, sorvegliato dalle guardie penitenziarie.

Provata e spaventata, vittima di pesanti maltrattamenti ("è stata segregata", ha sottolineato la sua legale, "il termine giusto sarebbe seviziata"), la giovane è tornata a quelle ore e ha spiegato di essere stata "picchiata più volte" nel mese precedente al delitto.

Come del resto Demontis: l'8 settembre Reciso «aveva pestato Joelle, poi aveva provato a rianimarla». Inutilmente.

LE BUGIE - Le dichiarazioni sarebbero state ritenute credibili da inquirenti e investigatori, a conferma che il presunto movente passionale è inesistente.

Reciso, difeso dall'avvocato Carlo Murtas, aveva detto che le donne avevano litigato perché Demontis aveva scoperto che lui doveva sposarsi con la ragazza.

"All'aggressione io non ho partecipato".

Bugie, secondo il pm, che però deve ancora valutare il ruolo svolto dalla 26enne.

I due sono in carcere, ma l'avvocata Garau chiederà a breve la scarcerazione della sua cliente.

Lo stesso medico legale, intervenuto sulla scena del crimine, aveva verificato la presenza sulla ragazza di cicatrici e tumefazioni datate.

Potrebbero rivelarsi decisivi i tabulati telefonici, dai quali emergeranno frequenza e orari dei contatti tra indagati e vittima, e si attendono i risultati definitivi dell'autopsia che chiariranno se al delitto abbiano preso parte più persone.

LA DOCCIA - Sul cadavere, pulito nella doccia per eliminare il sangue, c'erano numerose ferite, provocate da un pestaggio e dall'uso forse di un coltello e di un doccino (quello originario dell'abitazione era stato cambiato di recente).

Anche gli indumenti della donna erano stati messi nella lavatrice e poi stesi.

Andrea Manunza

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