Della morte di Totò Riina l'ha saputo dalla televisione, come la gran parte di noi. "Alle 10, ero al bar per la pausa caffè". Claudia Loi è la sorella di Emanuela, la poliziotta uccisa con il giudice Paolo Borsellino e con i colleghi della scorta nell'attentato di via D'Amelio, a Palermo, il 19 luglio del 1992. Sono passati venticinque anni da quando la sua famiglia è precipitata dentro una storia più grande, e adesso che il mandante di quella strage dovrà presentarsi davanti al giudizio di Dio quale supplemento di dolore si rivive nella loro casa di Sestu? "Io quest'uomo non lo considero una persona, sa? E le posso dire che non provo neanche più odio. Forse è rabbia, forse indifferenza. Ma, davvero, non è più odio".

IL SACRIFICIO - Il sorriso di Emanuela Loi, 25 anni, agente della scorta del magistrato sopravvissuto due mesi al collega e amico fraterno Giovanni Falcone ("Io sono un morto che cammina", ripeteva), ha fatto capolino ieri nei servizi d'apertura dei telegiornali e dei siti web dei quotidiani. Martire tra i martiri, carne da macello come centinaia di poliziotti, giudici, familiari di pentiti, politici, vittime della mafia più sanguinaria. Un quarto di secolo dopo, mentre tutto il mondo s'interessa della morte di Totò Riina, nella casa dove Emanuela Loi è cresciuta - una villetta nella via a lei intitolata - sono rimasti i fratelli Claudia e Marcello a custodirne la memoria. I genitori non ci sono più: papà Virgilio è morto nel '97; mamma Berta ha chiuso gli occhi nel 2006.

SOGNI DI RAGAZZA - La casa è un santuario. Le foto di Emanuela sono ovunque, alle pareti e sulle mensole, e nella cameretta rimasta intatta come quand'era ragazzina e, dopo il diploma all'istituto magistrale De Sanctis di Cagliari, sognava di diventare maestra. "Le piacevano i bambini - ha raccontato Claudia - e per questo aveva fatto il concorso. Partecipavamo a tutte le selezioni: per la scuola, le Poste, e la Polizia che per la verità piaceva a me, non a lei. Fu promossa a pieni voti, la chiamarono a Trieste per il corso di sei mesi e lì le arrivò la notizia: aveva vinto anche la cattedra. Decise di finire il corso". Palermo fu la sua prima sede. "Sapevamo che faceva i servizi di scorta, ma non diceva per chi. Ci teneva però a rassicurare mamma: 'Non mi succede niente'". Emanuela era stata in vacanza in Sardegna una settimana prima del suo ultimo giorno. Aveva salutato i suoi a Sestu poi era andata al mare, a San Teodoro, con il fidanzato Andrea e gli amici.

L'AGENDA DEI TURNI - Quel 19 luglio Claudia lo ricorda come fosse oggi. Ha avuto la notizia dalla televisione, come i genitori. Quali sono i disegni insondabili che conducono un destino dentro una storia più grande? Quel giorno d'estate Emanuela Loi non doveva essere l'angelo custode di Paolo Borsellino. "Quando ci restituirono gli scatoloni con le cose di mia sorella trovai l'agenda in cui segnava i turni della scorta. La Barbera, La Barbera, La Barbera (Arnaldo La Barbera, allora capo della squadra mobile di Palermo, ndr). Di solito era assegnata a lui, ma quel fine settimana era partito e allora venne destinata alla squadra di Borsellino". No, non è morta invano. "Dopo quella strage i siciliani hanno rialzato la testa".

Piera Serusi

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