Una nuova realtà da accettare, una sfida da vincere, “senza lasciarsi andare ai pensieri negativi della disoccupazione”. Perché c’è anche questo da mettere in conto, spiega Roberto Puddu, 52 anni, per presentare il suo “Professione casalingo”, un’associazione che ha come obiettivo quello di essere un punto di riferimento per gli uomini che perdono il lavoro.

Il suo cognome tradisce l’origine sarda: suo padre Mario si è trasferito a Vigevano (Pavia) negli anni del boom economico, dopo aver lasciato Tula, nel Sassarese. “Per me la Sardegna è sempre presente, per tanti anni è stata la meta delle nostre vacanze. Ora è un po’ più complicato, i costi per i viaggi sono lievitati e non è più possibile andarci come prima”.

Com’è nata l’idea di un’associazione per uomini disoccupati?

“L’estate scorsa mi ha telefonato Claudio Peratto, che ora è mio socio. Mi ha raccontato che da diverso tempo notava al supermercato, al mattino, tantissimi uomini, altri li incrociava nei negozi, o davanti alle scuole per accompagnare o riprendere i figli. Evidentemente tutti senza un lavoro, come noi. ‘Vuoi vedere che siamo in tanti in questa situazione?’, mi ha chiesto. Aveva ragione, e abbiamo deciso di buttarci in questa avventura”.

Claudio Peratto, l'altro socio di "Professione casalingo"
Claudio Peratto, l'altro socio di "Professione casalingo"
Claudio Peratto, l'altro socio di "Professione casalingo"

Quali sono i problemi più frequenti?

“Parto dalla mia esperienza: diversi mesi fa sono rimasto disoccupato, prima sviluppavo siti internet, ma la crisi si è fatta sentire ovviamente anche in quel settore. Quindi è iniziato il periodo più strano per me: al mattino vedevo mia moglie e mia figlia che si alzavano, si preparavano e andavano al lavoro. E io rimanevo a casa. La situazione non è facile, sei abituato a essere tu quello che porta lo stipendio, quello che mantiene la famiglia. E quando tutto crolla puoi avere idee negative della vita. Ma mi sono detto: come posso impiegare tutto questo tempo che ho ora? E ho iniziato a fare qualche lavoretto, per non buttarmi giù, per essere utile a modo mio”.

Cosa fa un uomo casalingo?

“Al mattino sistemo la cucina, se non ho finito la sera, carico la lavastoviglie, esco a fare la spesa. Cucino qualcosa per pranzo, nel pomeriggio mi dedico al giardino, o a qualche riparazione fai-da-te, magari c’è da far andare la lavatrice, dato che ho imparato la regola fondamentale: come non far danni, o svuotare l’asciugatrice, grandissima invenzione. E poi preparo la cena per tutti”.

È questo che suggerite ai vostri associati?

“Per iniziare proponiamo dei corsi periodici -10 euro la quota associativa annuale - che vanno da come sistemare una perdita al rubinetto all’economia domestica. Imparare a fare la spesa è un ottimo modo per risparmiare e ne trae beneficio il bilancio familiare. Per questo abbiamo già alcune convenzioni con ferramenta, ma anche pizzerie e bar. Oppure corsi base per utilizzare il computer: sia io che Claudio ce la caviamo bene. Infine abbiamo contattato una psicologa, perché ci siamo resi conto che in certi casi la disperazione per aver perso il lavoro ha bisogno di un sostegno professionale”.

Chi si rivolge a voi?

“Per ora c’è tanta curiosità, tante persone ci fanno i complimenti per l’idea: ci sono uomini solitamente sposati, e che sono appunto rimasti senza lavoro. Per noi è importante anche solo il passaparola: grazie a questo possiamo far incontrare domanda e offerta, senza naturalmente avere il fine di essere un’agenzia, per piccoli lavoretti. Se a qualcuno serve un imbianchino, o una persona che porti a spasso il cane, o che accompagni i bambini a scuola, che ripari un interruttore, se tra i nostri associati c’è una persona disponibile la mettiamo in contatto con chi ha fatto richiesta”.

E le vostre famiglie cosa dicono?

“Mogli e figli sono contentissimi, e ci danno tutto il loro sostegno”.

Non godete di un sussidio di disoccupazione?

“Purtroppo no, da luglio 2015 sono iscritto regolarmente alle liste del collocamento, ma dato che sia io che Claudio quando lavoravamo avevamo la partita Iva, ci hanno detto che non ci spetta alcun contributo. L’unico vantaggio è che, se necessitiamo di visite specialistiche, e speriamo mai, non paghiamo il ticket”.

La società è pronta ad avere gli uomini casalinghi?

“Io temo di no, parlo per la mia realtà, una cittadina di 60mila abitanti, e ancora la visione è quella patriarcale, in molti casi si fa fatica ad accettare che una donna lavori, figuriamoci pensare che sia lei l’unica che ‘porta i soldi a casa’. Invece non c’è nulla di strano, non è una vergogna essere uomini disoccupati e occuparsi della gestione casalinga. Dare un contributo non vuol dire solo avere la busta paga a fine mese, vuol dire imparare a risparmiare sulla spesa, a riparare qualcosa che si è rotto, anche questo è aiutare la famiglia”.

Sabrina Schiesaro
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