Ciascuno dei circa 5.500 richiedenti asilo ospitati in Sardegna ha bisogno di loro. Mediatori linguistici, interpreti, traduttori sono figure specialistiche fondamentali negli anni dei grandi flussi migratori. Li utilizzano quotidianamente i tribunali ordinari, civile e penale, quello dei minori, le procure, le corti d'appello. Infatti per loro c'è molto lavoro e ce ne sarebbe anche per altri. Peccato che siano pagati una miseria. Anzi, dovrebbero essere pagati perché di soldi non ne vedono da quasi due anni.

TRE EURO ALL'ORA - A fronte di una disponibilità totale, i compensi sono da fame: quando vanno in un carcere per tradurre intercettazioni telefoniche o in aula per partecipare a un'udienza hanno diritto a 14,68 euro lordi per la prima vacazione (composta di due ore) e 8,15 euro per le successive. Mediamente quattro euro lordi l'ora, tre euro netti. Paghe da schiavo. Non solo: se l'udienza salta non hanno diritto al compenso.

PROFESSIONISTI PREPARATI - Non hanno un albo né un'associazione che li rappresenti né un sindacato. Eppure si tratta di professionisti con una solida preparazione che svolgono un ruolo delicato e di grande responsabilità visto che spesso hanno a che fare con atti giudiziari e intercettazioni telefoniche. Una parola tradotta in modo sbagliato può determinare un esito sbagliato. E bisogna essere solidissimi per non sbagliare mai quando si ha a che fare con le 36 varianti di inglese parlate nelle altrettante regioni della Nigeria, con il francese misto ad arabo utilizzato da molti algerini o con il malinké con cui comunicano molti migranti che arrivano dai paesi dell'Africa occidentale.

LE TESTIMONIANZE - All'associazione Alfabeto del mondo lavorano 19 traduttori che possono comunicare in 18 lingue, comprese le dieci varianti dell'arabo: levantino, egiziano, iracheno, marocchino, libico, siriano, libanese, palestinese, giordano, tunisino. Da gennaio a metà ottobre hanno partecipato a trecento udienze. Di cento hanno il decreto di liquidazione firmato dal giudice. Ma di soldi nemmeno l'ombra. "Non abbiamo mai ricevuto nulla, nemmeno i compensi del 2016", racconta Eleonora Giardino. "I giudici conoscono la nostra situazione, ci dicono di avere pazienza, di aspettare", aggiunge Irene Contini.

Devono attendere, non possono fare altro. "Almeno sino a quando l'Italia non recepirà la Direttiva dell'Unione europea sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali", spiega Floriana Ancis. Peccato che la direttiva sia del 2010 e, a sette anni di distanza, si sia persa tra infinite tattiche dilatorie. Naziha Tayeb, libica, interprete di arabo, e Spiro Bardhi, albanese, non ne fanno una tragedia. Anche perché, come tutti gli altri, per campare sono costretti a fare altri lavori.

NESSUNA GIUSTIZIA - Insomma, nei templi della giustizia c'è chi giustizia non ne ha. Mohamed Gaye, ivoriano, ha quasi 18 anni e, dopo il tirocinio, è pronto a fare l'interprete di francese, wolof, mandingo, bawbara, malinkè, soninkè, maya q'eqchì, alcune delle varianti linguistiche parlate in Costa D'avorio. È qui per costruirsi un futuro. Certo, le premesse non lo aiutano.

Fabio Manca

© Riproduzione riservata