Non si sono fatte attendere le reazioni alla lettera con la quale i dipendenti della Rwm Italia Spa hanno rotto il silenzio per difendere se stessi e l'azienda.

Le associazioni "Sardegna Pulita" e "Assotziu Consumadoris Sardegna" vanno al contrattacco pur apprezzando, dopo tanto silenzio, l'apertura di un dialogo con i dipendenti (ammesso che si possa definire tale).

"Davanti alla presa di posizione degli operai - scrive Ennio Cabiddu di "Sardegna Pulita" - che magari a Domusnovas non saranno 270 ma 83 e a Ghedi non 110 ma 69 come si evince dal bilancio, ci sembra necessario aprire un confronto tra noi con le nostre sedicenti motivazioni pacifiste e lo stessi i quali per libera scelta e senza costrizioni lavorano alla produzione di strumenti di morte. Chiediamo di poter conoscere almeno uno dei nomi di firmatari della lettera aperta in modo da rivolgergli un invito ad un tavolo di confronto al quale sarebbe auspicabile sedessero anche le Istuzioni locali, la Regione e i ministri di Difesa e Interni. Sarebbe l'occasione - prosegue Cabiddu - per analizzare concrete ipotesi di riconversione dello stabilimento perché non ci si può rassegnare all'ineluttabilità della guerra come scrivono gli operai".

In chiusura un appello: "Volendo Rwm potrebbe decidere di produrre protesi per arti delle quali c'è un gran bisogno, allora sì che avrebbe senso esportare il 96 per cento della produzione della fabbrica come avviene purtroppo con le bombe".

Stessi dati difformi sugli operai impiegati nella fabbrica di Matt'e Conti anche da Marco Mameli di Assotziu Consumadris Sardigna che insiste sulla "doverosa cessazione del commercio di esplosivi, prodotti a Domusnovas, che sta alimentando orrende stragi di persone sul fronte di guerra dello Yemen".

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