I russi sono notoriamente tutti spietati e calcolatori, praticamente degli Andreotti di malumore, e il caso Biot lo dimostra.

Quando la polizia ha sorpreso l'ufficiale spione inizialmente c'è stata una certa indignata soddisfazione: «Ecco fatto - avrebbe brontolato fra sé l'italiano medio se solo esistesse - ci provavano, i putiniani schifosetti, a mettere a repentaglio la sicurezza del Paese, ma li hanno beccati!».

In realtà quella non era la fine della manovra moscovita: era l'inizio. E Biot più che un traditore è un virus. Immesso nel dibattito pubblico da emozionatissimi giornali e tg, in cinque minuti ha fatto emergere la nostra grettezza, il nostro familismo amorale, il nostro protofascismo: «Ah be' però se aveva problemi coi figli...»; «Cinquemila euro? Cinquantamila ne avrei chiesto»; «Ma hai sentito che mutuo aveva?»; «Va fucilato! Subito! Alla schiena!». E ora deflagra il secondo stadio di questo missile di guano: l'imbarazzante conflitto fra procura militare e ordinaria su chi deve perseguirlo. Come se fosse la prima spia che scoviamo, come se fosse immaginabile una storia italiana che burocrazia e protagonismi non trascinano nel grottesco.

I russi sono spietati e lucidi e infatti non ci invaderanno. Hanno cose più urgenti, e poi sanno che ci siamo già invasi da soli.

CELESTINO TABASSO
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