L 'atteggiamento sorprendentemente duro di Biden verso Russia e Cina, e la riaffermazione della Nato come alleanza transatlantica che «dovrà affrontare le grandi sfide globali come le attività destabilizzanti, la minaccia del terrorismo, gli attacchi informatici e la prolificazione nucleare», sono messaggi in chiaro trasmessi non solamente a Putin e a Xi Jinping, ma alla stessa Europa.

Basta col relativismo, le spinte centrifughe e gli accordi bilaterali col nemico, come nel caso del gasdotto Nord Stream 2, il maxi impianto che dovrebbe collegare la Russia, attraverso il Baltico, direttamente con la Germania. L'America è seriamente preoccupata e ricorre ancora una volta alla politica dei blocchi contrapposti, alla guerra fredda, «manifestando con maggior forza le istanze statunitensi e occidentali, e spingendo gli alleati a fare altrettanto» (cito il professor Aldo Ferrari). È nel proprio Dna inserire una discriminante valoriale contrapponendo il sistema liberal-democratico, mai discutibile, contro i totalitarismi in genere, indipendentemente dal contesto e dal momento: a niente valgono gli avvertimenti storici.

La conseguenza sarà, inevitabilmente, un «contrapposto riavvicinarsi di tutti quelli che non concordano con la centralità statunitense, con il diritto occidentale a guidare il mondo e a imporre il proprio modello, a decidere nello scenario internazionale cosa è giusto e cosa è sbagliato».

E il rischio non sta solamente in un'alleanza più stretta tra Russia e Cina, ma nell'attivismo di potenze di seconda fascia come Turchia, Iran, Arabia Saudita, India, Pakistan. I cosiddetti attori intermedi sono un elemento che gli Stati Uniti hanno sempre faticato a comprendere, come peraltro sottovalutano la diffusa opinione che, essendo i paesi occidentali i più ricchi e viziati, esportare un modello di democrazia senza sanare le diseguaglianze ma anzi accentuandole come avvenuto negli ultimi decenni e dopo le recenti crisi, non appaia una politica buona e giusta. Il neoliberismo, generato pur sempre dai sistemi liberal-democratici, finisce per minare proprio i valori fondanti di questi ultimi, e apre la strada ad azioni se non di rivalsa, comunque divergenti - di che cosa sono infine figlie le stesse criptomonete e gli insiemi di disubbidienti culturali che rifiutano l'One-World, il pensiero unico?

Nello scacchiere che si va ridisegnando, è comunque logico aspettarsi che la contrapposizione riguarderà anche gli imperi globali che hanno radici americane come i Gafa (Google, Apple, Facebook, Amazon) che non potranno sottrarsi al richiamo di Washington - il loro allineamento a favore di Biden è volutamente esplicito. La nascita della moneta Diem di Facebook, se mai dovesse copiare i caratteri propri di criptomoneta, non sottrarrà pertanto spazio al dollaro - verrà trovato un accordo di non belligeranza - ma piuttosto all'euro che deve ancora pagare, nella mentalità americana, la colpa di essere nato. Le future criptomonete “americane” saranno utilizzate, così come la rinnovata Nato, anche quale deterrente contro l'Europa e le sue mire di equidistanza.

Chi è ancora preda di pulsioni romantico-democratiche si chieda il perché delle ultime reazioni americane all'idea europea di far pagare la giusta quota di tasse alle aziende tecnologiche: sul tavolo è stata subito e rudemente posta la minaccia di una pesante guerra commerciale. Certamente Biden deve ricambiare il supporto avuto dai Gafa nella battaglia contro Trump, è normale, ma in gioco non c'è solamente la riconoscenza, ma il ruolo dominante degli Stati Uniti nel mondo.

Per certi versi, sembra di essere ritornati improvvisamente all'inizio degli anni 60, quando Kennedy dichiarava al New York Times: «Abbiamo un problema: rendere credibile la nostra potenza. Il Vietnam è il posto giusto per dimostrarlo». Biden non sfugge alla stessa logica e cerca a largo raggio il terreno giusto per riaffermare la posizione degli Stati Uniti. Un film purtroppo già visto, cui si contrappone l'annuncio della Cina di emettere una propria criptomoneta, una mossa quasi scontata: sarà una protezione e un ulteriore cuneo verso i paesi terzi. Siamo all'inizio di una nuova geopolitica. Non un passaggio lieve e filosofico, non illudiamoci, ma denso di riaggiustamenti strutturali e purtroppo di sofferenze.

CIRIACO OFFEDDU
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