L a Sardegna non è più bianca, ed è diventata addirittura arancione: siamo passati dall'indipedentismo al cromatismo, senza neanche passare dal giallo.

Confesso che in questi giorni, assistendo ai repentini e bizzosi cambi di passo nelle valutazioni epidemiologiche del comitato tecnico scientifico (e di conseguenza del ministero della salute) sui divieti nelle regioni, viene a dir poco il mal di testa. L'impressione di fondo che resta, quando ogni zona cambia colore, è la stessa che si provava ne “La stangata” quando il croupier premeva il pulsantino sotto il tavolo e la pallina della roulette finiva su di un numero piuttosto che su un altro, con un “aiuto” magnetico. Fuor di metafora: non c'è dubbio alcuno che l'idea di fondo dei nostri epidemiologi fosse già in origine quella di proclamare un lockdown pasquale nazionale. Ed è quello che alla fine hanno fatto, a rate, in modo differito e apparentemente meccanico (sia pure sotto la mascheratura discreta delle regioni a colori).

Sembra chiaro, però, che volevano farci fare una Pasqua a domicilio, e che ci sono riusciti. Anche perché arrivandoci in questo modo la scelta fa meno clamore, e l'Italia è stata anestetizzata, ma facendo in modo che venisse conservata l'apparenza di un processo non preordinato, in divenire. L'algoritmo dei ventitré diversi parametri che modula i colori, tuttavia, assomiglia ancora troppo a quel provvidenziale magnete da furbetti del casinó, con cui si può pilotare un esito piuttosto che un altro.

Q uando i contagi sono bassi si invocano le disponibilità delle terapie intensive, e quando le intensive sono vuote si guarda al tasso di contagio, se il tasso di contagio non torna si pesano i numeri delle vittime in assoluto, e così via. Peccato, perché i dati di mortalità e del contagio della Sardegna sono davvero irrisori, se solo si guarda ai numeri di Lombardia, Veneto e Italia appenninica. Azzardando un raffronto tra Sardegna e Lombardia, si scopre che gli ordini di grandezza (anche tenendo conto delle differenze di grandezza di popolazione) sono incommensurabili: 102 nuovi casi rilevati, contro 4800 (tasso di positività al 3,5 contro l'8,9%).

Queste due settimane di passione e di incertezza in attesa della possibile revisione del colore, potrebbero servire alle classi dirigenti sarde per riflettere sul futuro: per capire, cioè, se è bene sperare nei dati sanitari per trastullarsi nelle confortevoli illusioni isolazionistiche, o se lo si fa

per puntare ad un progetto (economico e turistico) di respiro e di prospettiva. Con il primo si incassano sicuri dividendi politici di consenso ma non si va lontano; con il secondo si esce dal Covid e si fa ripartire l'economia dell'Isola.

Ma anche tutto il racconto della pandemia nell'era Draghi sembra fondato sulla comunicazione cromatica. E persino la prima attesissima conferenza stampa del nuovo presidente della Consiglio partiva da un cambio di sfumatura simbolicamente importante. Draghi ha scelto la stessa sala che fu il teatro della stagione montiana: ma l'austero arredamento ligneo che era la scenografia del montismo, venerdì è stato sostituito da tre pannelli con tre diverse sfumature di blu notte, un filo tricolore e i loghi della Repubblica. Molto elegante, un grande messaggio di rassicurazione. Con un paradosso: il governo di Draghi resta in continuità con quello di Conte sui ristori (confermati per entità e modalità), sul reddito di cittadinanza (che rifinanzia con un miliardo), sul Mes (non lo prende), sulle cartelle esattoriali (resta il limite di importo e di reddito) e sui licenziamenti (il blocco non decade in attesa di una riforma degli ammortizzatori). Il momento clou? Sicuramente quello in cui il presidente del Consiglio spiega che il figlio in Inghilterra si è vaccinato con il vaccino bloccato in Europa (mentre da noi era sospeso): «Faró anche io AstraZeneca». Risposta decisiva: quando il presidente del Consiglio ha spiegato che se l'Ema non autorizza Sputnik l'Italia potrebbe adottarlo. Pragmatico. Sarebbe una svolta veramente dirompente, una scossa per l'Unione Europea in grande affanno.

Draghi è sembrato molto a suo agio, anche sotto il fuoco di domande non compiacenti dei giornalisti. Battute («Mi auguro che le future delusioni non siano uguali all'entusiasmo che c'è oggi»), frasi ad effetto («È il momento di dare soldi, non di chiederli»), e persino un moto di stizza quando il presidente del Consiglio ha ripetuto con intonazione volutamente parodistica una domanda sul blocco di AstraZeneca che non gli era piaciuta («Interessi tedeschi??»).

Anche il blu Draghi, per ora, è una evoluzione del giallorosso. Ma anche l'ultimo problema dell'Italia ha un colore. I giorni persi per il blocco del vaccino anglo-italo-svedese hanno avuto un costo enorme in termini di rallentamento e di credibilità della campagna. O si accelera il ritmo, o sui vaccini continueremo a vedere nero.

LUCA TELESE

GIORNALISTA E AUTORE TELEVISIVO
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