S e è vero che il silenzio è d'oro, siamo sulla buona strada. Quante volte, nelle ultime settimane, avete sentito la voce di Vittorio Colao, Daniele Franco, Marta Cartabia, Roberto Cingolani o Patrizio Bianchi? Sostituiteli con i vari Patuanelli, Gualtieri, Bonafede, Costa o Lucia Azzolina e il ragionamento apparirà (forse) più chiaro. I super ministri tecnici di super Mario hanno scelto (gli è stata imposta, durerà?) la linea del basso profilo. Pancia a terra e pedalare. Senza nemmeno curarsi di rendere pubblica la velocità. Da un mese, ormai, lavorano per noi e per il futuro dei nostri figli. E tutti insieme, tra un segretario Dem che va e un altro che viene, rivendichiamo il diritto di conoscere la direzione intrapresa.

Sì, certo, lo abbiamo sentito dire. Se i vaccini ci salveranno dal Covid-19 (Mario Draghi, Fiumicino, 12 marzo 2021), il Recovery ci farà ripartire (sempre Mario Draghi, Fiumicino, 12 marzo 2021). A parte il «troppo inglese» nei programmi (ancora il nostro, sempre a Fiumicino) non è chiaro l'elenco della spesa dei duecento miliardi di euro. E preoccupa pensare che il quadro non sia ancora nitido nemmeno dalle parti di Palazzo Chigi, visto che i compiti vanno consegnati a Bruxelles entro il 30 aprile. Vittorio Colao, oggi ministro per l'Innovazione tecnologica e la Transizione digitale (il suo, vista l'esperienza a Vodafone), si era portato avanti, da capo della task force per il rilancio del Paese, in occasione degli Stati Generali (Villa Pamphili, Roma, giugno 2020) voluti dall'ancien régime di Giuseppe Conte II.

E visto che il lavoro in quella occasione finì nel cestino, Colao, in quota Draghi, oggi ne fa tesoro per spendere presto e (speriamo) bene le risorse della Next Generation EU. Per “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo” il preventivo è di 46,18 miliardi di euro. Questi gli altri cinque capitoli di spesa: “Rivoluzione verde e transizione ecologica” (69,8 miliardi), “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” (31,9), “Istruzione e ricerca” (28,4), “Inclusione e coesione sociale” (27,6) e “Salute” (19,7). Le pagine, rispetto al Conte-bis, sono triplicate (da 160 a 486), anche grazie a qualche copia-incolla, a cominciare dalle tabelle di spesa. La bozza del documento (da due giorni a disposizione dei parlamentari) è più preciso sui tempi di spesa, da fine primavera al 2026, ma agli italiani interessa soprattutto la sostanza. Da mesi sentiamo parlare di «svolta», «Piano Marshall», «occasione unica», di fatto facciamo ancora molta fatica a capire come, dove e per cosa spenderemo. È una certezza, invece, la rinuncia al Mes, fondi europei (36 miliardi) pronta cassa da investire nella sanità. Soldi da restituire, un giorno, come peraltro una buona parte del Recovery. Ma in un momento in cui la priorità è reggere l'urto del virus, quei denari andavano presi e spesi.

In questo scenario sarebbe pretenzioso pensare che in Sardegna ci siano idee più chiare. La maggioranza fatica di suo (l'ultima lite è tra l'Udc di Giorgio Oppi e Fratelli d'Italia), figurarsi trovare un'intesa con l'opposizione per una cabina di regia sulla spesa delle risorse del Recovery. La Giunta regionale, mesi fa, aveva messo a punto un piano - poco meno di 8 miliardi - con dentro 206 proposte in sintonia con i sei pilastri dell'italico Recovery Plan. Pensate a un progetto. Ecco, c'era. È questa la soluzione per far ripartire l'economia della Sardegna? Accontentare questo o quel territorio, questo o quel bacino elettorale? Evidentemente no. Si prova a ragionare su alcune priorità (come energia, trasporti, cultura), ma il rischio è che la partita si chiuda alla meno peggio ai supplementari, visto che le scadenze incombono e il primo problema, oggi in Consiglio regionale, è commissariare o no la Città metropolitana di Cagliari.

A proposito di commissari, Francesco Paolo Figliuolo, venerdì a Fiumicino, ha finalmente battuto il primo colpo ascoltando Mario Draghi: «Ci salveranno i vaccini». Schiererà, il generale, l'artiglieria pesante? Nell'attesa, ci sono voluti dieci giorni solo per dare il benservito ad Arcuri e nominare ufficialmente il nuovo commissario. Troppi, in tempo di guerra.

EMANUELE DESSÌ
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