O ccorre chiarire alcuni aspetti per comprendere meglio l'evoluzione della crisi politica che ha portato alla caduta del governo Conte bis e all'arrivo di Mario Draghi. Parafrasando il titolo di una fortunata serie televisiva, «Le verità non dette», sarebbe infatti necessario ammettere che tante vicende sono state raccontate in modo volutamente parziale, troppi fatti distorti, altri persino occultati. Proviamo a riassumerli.

Primo punto: il ruolo di Matteo Renzi. Fino all'altro giorno si è fatto a gara nel dipingere il leader di Italia Viva nel modo peggiore possibile: un kamikaze assatanato di vendetta, un cinico e spregiudicato giocatore di poker al tavolo della politica, un personaggio obnubilato da un ego ipertrofico e disposto a tutto per inseguire gli interessi personali. Fino a che non si è scoperto che il suo interesse (quale politico non ne ha?) coincideva con quello nazionale, cioè liquidare un governo palesemente inadeguato e mettere in pista Super Mario, l'italiano più stimato in Europa e nel mondo. Dal suo punto di vista un autentico capolavoro politico.

Renzi ha portato tutti, il Pd, i cinque stelle, l'intera opposizione esattamente dove voleva. Come è possibile - si obietta adesso - che un leader col 3 per cento dei voti abbia potuto condizionare la legislatura? La domanda andrebbe ribaltata, dovrebbero porsela i titolari del restante 97 per cento che si sono fatti mettere nel sacco. Forse perché incapaci?

S econdo risvolto. Nei giorni in cui nel Transatlantico imperversava il patetico e fallito suk a caccia dei Responsabili ci si guardava intorno attoniti, come se la crisi fosse un fulmine caduto a ciel sereno e non invece - come sanno tutti coloro che hanno studiato un po' di storia - la naturale conseguenza di cause e accadimenti precedenti. Renzi ha fatto da detonatore ma i guai si trascinavano almeno dalla primavera del 2018 quando un risultato elettorale contrastato e una lunga gestazione portarono alla creazione del governo Frankenstein: grillini e leghisti tenuti assieme da un contratto che ognuno interpretava come gli pareva, fino allo strappo di Salvini al Papetee, la nascita del Conte Bis e un presidente del Consiglio (mai eletto ma autoproclamatosi avvocato del popolo) che passava con nonchalance da una maggioranza ad un'altra di segno opposto. Salvo poi dover fare da collante fra anime sempre inconciliabili seppure diversamente colorate. Un altro pateracchio, insomma.

Terzo punto: la narrazione. Per mesi e mesi, complice la pandemia, gli italiani sono stati intontiti da sondaggi insufflati da Rocco Casalino che hanno popolato talk show e prime pagine. Molti hanno finito davvero per credere che “va tutto bene madama la marchesa”, che all'estero invidiassero il modello Italia, un Paese guidato con gli assurdi semafori del comitato tecnico-scientifico, i banchi a rotelle, le mascherine comprate da Arcuri al doppio del prezzo di mercato, una campagna di vaccinazione a rilento. Risultato: 90mila morti, meno 8,8 per cento di Pil, centinaia di migliaia di aziende chiuse, due milioni di disoccupati, scuole a singhiozzo, lockdown continuo. Eppure quel governo ha continuato ad autoincensarsi sino alla fine, sprezzante della realtà. D'accordo, l'emergenza sanitaria ha messo in difficoltà Paesi anche più attrezzati del nostro. Ma almeno un pizzico d'umiltà non sarebbe guastato.

L'ultimo punto, il più importante perché riguarda l'oggi e il domani. È veramente difficile mettere in dubbio l'alto profilo di Mario Draghi, il suo cursus honorum parla per lui. E non regge il paragone con Monti. Il governo tecnico del prof col Loden doveva recuperare soldi per uscire dalla tempesta dello spread servita alle cancellerie europee per estromettere Berlusconi. E lo fece ruvidamente, con leggi (tipo la Fornero) di cui scontiamo ancora le conseguenze. In dieci anni il panorama è cambiato, oggi ci sono da spendere oltre 200 miliardi stanziati dall'Unione Europea. Chi meglio di Draghi può gestirli per rianimare la nostra agonizzante economia senza sprecarli in mille bonus e deleteri clientelismi?

MASSIMO CRIVELLI
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