S iamo in un tempo sospeso tra la paura e la speranza. Il 2020 e il suo fratello 2021 si scambiano il testimone. Scorrono i titoli di coda, tra un po' ci volteremo indietro per guardare il passato, solo un attimo, perché il futuro ci chiama.

Il passato, il flashback presente. Un anno fa, il 31 dicembre del 2019, la Cina avvisava ufficialmente l'Organizzazione mondiale della Sanità sull'esistenza di un nuovo coronavirus. Ne conoscevamo la potenza, espressa in forme diverse in epoche vicine e remote (cito a memoria, il tifo della Guerra nel Peloponneso, la peste Antonina, il morbo di Cipriano, la grande peste nera del 1300, il colera, l'influenza spagnola, il vaiolo, il morbillo), milioni su milioni di morti. Sapevamo che poteva accadere, la domanda non era il se ma il quando. E quando è arrivata l'ora, non ce ne siamo accorti in tempo. E la lotta contro il virus è anche una corsa contro il tempo.

La Cina sapeva, perché da molte settimane il virus aveva colpito la popolazione, ma quell'avviso nell'ultimo giorno dell'anno non fu seguito da un allarme rapido sulla pandemia, l'Oms tenne una linea ondivaga (c'è chi dice perché influenzata da Pechino, servirebbe un'indagine indipendente sulle origini e la risposta data) e quel ritardo tra la scoperta e l'alert globale fu fatale, il virus era ormai ovunque, viaggiava in tempo reale sulle rotte dell'economia, con le merci e le persone.

Il futuro era già scritto. La scienza aveva previsto la pandemia (leggere “Spillover” di David Quammen), la fiction l'aveva immaginata. (...)

SEGUE A PAGINA 27
© Riproduzione riservata