L ì per lì fa ridere questa storia dell'europarlamentare ungherese già severissimo legislatore antigay beccato a un'orgia con altri 24 infoiati. Anche perché il tipo era già una macchietta da vestito, con l'occhialino da prof del ginnasio e il barbone da eroe risorgimentale (o da terzino di provincia convinto che gli hipster siano sempre di moda). Se poi lo pensi nudo e allampanato che fa le cosacce e pure le cosine, allora sghignazzi e basta.

Ma svanito lo spasso subentrano le domande. Quanto è spaventato dall'amore un uomo che cerca di vietarlo al prossimo, e si chiude in un pendolarismo trafelato tra peccato e crudeltà bigotta? Oltre che un boia di libertà, può essere una vittima anche lui? E nel caso, lo è solo di se stesso?

E ancora: ma adesso quanto soffre? E questa sofferenza servirà a qualcosa? Rimetterà insieme i cocci della sua ipocrisia per tornare acciaccato su una ribalta minore dell'intolleranza, un convegnetto di clericali lividi o un consiglio comunale, oppure si lascerà forgiare dal fuoco della vergogna e si accetterà come il Signore e la vita lo hanno fatto? E le sue vittime politiche lo odieranno ancora come oppressore o si concederanno la delicata vendetta del perdono? E infine: ma quando fai quei numeri lì da monellaccio, una barba così non dà fastidio? Anche agli altri, per dire.

CELESTINO TABASSO
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