D olore. Rabbia. Incredulità. Impotenza. Fa male vedere, nelle tv di mezzo mondo, piazza Giorgio Asproni, cuore di Bitti, dopo la tempesta. La comunità della Barbagia, come altre, più di altre, si stava ancora risollevando con fatica e orgoglio da un'altra devastazione. Il 18 novembre 2013 la furia di Cleopatra spazzò via il paese. È successo di nuovo. Forse è andata anche peggio, ci vorranno giorni per capire quanto è profonda la nuova ferita. Maledetta pioggia. Senza rispetto. Senza cuore. Il sindaco Giuseppe Ciccolini e tutti i suoi paesani, sette anni fa, si erano rimboccati le maniche. Avevano pianto un amico ed erano ripartiti, spalando fango, rimuovendo detriti. E ricostruendo quello che per i burocrati si poteva ricostruire, iniziando dalle “opere emergenziali”.

Avrebbero voluto fare molto di più, a Bitti, proprio perché la comunità ama e rispetta la montagna. E la teme. Un paradiso che sa trasformarsi in un inferno in quelle giornate buie anche quando il sole è sorto da un pezzo. La natura è stata più veloce. In Municipio, proprio davanti alla piazza dedicata a un grande bittese, Giorgio Asproni, avevano appena brindato davanti agli ultimi timbri di Stato, sbloccando una prima parte delle “opere strutturali”: 20 milioni di euro per spostare “il fiume” fuori dal paese. Nella corsa contro il tempo ancora una volta siamo arrivati tardi. Oggi è il giorno del dolore, del rispetto, del lutto. Domani sarà il giorno delle domande. Da rivolgere alla politica, la madre della burocrazia, del fango negli uffici. Bitti e i sardi hanno diritto di sapere perché.
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