P er lavarsi la coscienza l'hanno confinata in un acronimo, Dad. Dobbiamo leggerci sconfitta. Presa in giro. Beffa. Vergogna. La didattica a distanza è diventata il simbolo dell'incapacità di convivere nel Belpaese con la pandemia. Per mesi ci hanno fatto la testa così con i banchi monoposto, meglio se con le ruote. Per mesi abbiamo visto il personale scolastico sistemare adesivi e frecce sul pavimento di aule e corridoi, piazzando flaconi di igienizzante in ogni punto di passaggio. A 50 giorni dalla riapertura (una quarantina in Sardegna), la campanella ha smesso di suonare in tutte le scuole superiori, con gli altri livelli di istruzione condizionati dai colori di un'Italia-semaforo. Preoccupa, anzi spaventa, in prospettiva, la superficialità, la leggerezza, con cui è stata pianificata la ripartenza. Non che di tempo per pensare non ne abbiano avuto.

Al ministero della Pubblica istruzione, certo, ma anche nei Palazzi della Salute e dei Trasporti. La ministra Lucia Azzolina, a reti unificate, ci ha ripetuto sino a qualche giorno fa che no, la scuola non avrebbe mai chiuso. Si è persino scagliata, prima di finire nascosta dietro la lavagna, contro governatori alleati (si fa per dire, vedi Emiliano in Puglia) che “arbitrariamente” avevano deciso di bloccare le lezioni per provare a frenare il Covid-19. Nessuno, nella triade (Istruzione, Salute, Trasporti), si è posto il problema di diversificare dal 14 settembre (nell'Isola ci siamo arrivati dopo, come per le elezioni) l'orario d'ingresso delle classi.

I doppi (e tripli) turni fanno parte della storia recente della scuola italiana. Ci pensarono i ragazzi dell'85 (1985) a far cambiare le cose. Ricordate l'ondata di proteste contro il ministro (sì, allora si chiamava così, ministro) Franca Falcucci? L'edilizia scolastica conobbe uno sviluppo straordinario e la scuola “serale” finì in soffitta. Ma, pensando all'inverno della didattica a distanza, in questo clima di emergenza nazionale i doppi (e tripli) turni assomigliano alla primavera. L'unico antidoto proposto dalla triade - oltre a frecce sul pavimento, gel e mascherine per andare in bagno - è stato limitare all'80% la capienza dei mezzi di trasporto. Pietà. Lasciamo stare la metropolitana di Milano, Torino, Roma e Napoli. Prendiamo i nostri paesi e le nostre città. Pensiamo ai ragazzi ammassati alla fermata e poi sui bus diretti a scuola. E guai a perderlo, quel pullman, altrimenti non entri. Altro che capienza all'80%. Potenziare le linee no? Magari noleggiando le corriere gran turismo bloccate in garage, con le ditte che si “zaccavano” dalla fame? Certo, ci hanno pensato. A giugno? No, a fine ottobre. Quando, guarda caso, per lavarci la coscienza, ci siamo nascosti dietro un acronimo. Dad.

Già, la didattica a distanza. Era stata un fallimento durante la prima ondata di Covid-19, ma da più parti piaceva e piace sostenere il contrario. Gli “internet provider” hanno sempre viaggiato lontano da molti dei nostri paesi. Qualche istituzione vuole regalare ai ragazzi un tablet e una sim, ma senza 4G è una presa in giro. Una compagnia leader nella telefonia, in cordata con lo Stato e quindi con una bella iniezione di soldi nostri (quelli del Cura Italia), sostiene che ormai la banda ultralarga abbia raggiunto due terzi delle famiglie italiane che risiedono nelle aree bianche. Il semaforo di Conte non c'entra: sono le zone fantasma, quelle dove se solo pensi al digitale ti compare il dito medio. Ma se la banda non viene accesa, il trionfo resta confinato nei roboanti comunicati stampa. Non basta aver fatto gli scavi (da più parti ancora da ricoprire degnamente) sino agli “armadi stradali”: la rete va attivata, altrimenti è inutile. In questo scenario, domani, i 73 mila studenti sardi della scuola secondaria di secondo grado dovranno seguire le lezioni su un tablet o su un pc. O, meglio, dovrebbero (tutti, nessuno escluso) poterlo fare. Dad, l'hanno chiamata. E magari per lavarsi la coscienza ti promettono un bonus fino a 500 euro da spendere per connetterti a una banda larga. Peccato che per ottenerlo è alla banda larga che ti devi connettere. Ecco perché in quell'acronimo dobbiamo leggerci sconfitta. Presa in giro. Beffa. Vergogna. Dad.

EMANUELE DESSÌ
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